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LA ROSA BIANCA - SOPHIE SCHOLL regia di Marc Rothemund

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  09/11/2005 01:02:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Freiheit"
Vedendo questo film ho pensato che si puo' raccontare la verità senza incorrere in imbarazzanti compiacimenti, come è purtroppo accaduto per esempio a "la notte delle matite spezzate". E magari ho compreso perchè "Rosenstrasse" di M.V. Trotta era tanto insopportabile.
Marc Rothemund riesce a evitare splendidamente molti clichè e realizza un'opera volutamente statica che pero' ha il dono raro di esprimere un'enorme vitalità di pensiero. Film sulla coscienza che recita col potere più grande dell'umanità, il dono della parola. Merito dell'ottima sceneggiatura e dei vigorosi dialoghi, che riescono a far lievitare anche l'estenuante lunga parte dell'interrogatorio tra Sophie e il suo inquisitore (Mohr): sorta di giostra kafkiana tra vittima e carnefice (l'eccezionale Alexander Held), vinta dall'opportunismo servile del medesimo, questa parte centrale risulta pero' indebolita da un'eccesso di demagogia (quando Sophie revoca il dramma dell'Olocausto e dell'eutanasia dei malati di mente non riesce a essere credibile). Ma cio' che lascia il film, pur tra i suoi difetti di forma e il ricorso a qualche facile manierismo (il buio durante le esecuzioni) è qualcosa che va ben al di là della semplice testimonianza cinematografica di un atroce passato. Inanzitutto, è un film che ubriaca davvero per la sua sincerità, e riesce miracolosamente a sottrarsi a tutto il percorso tradizionale sul tema "destini di donne", anche quando il timore di fare dell'eroina una Giovanna D'Arco del xx sec. è decisamente fondato. Ma è anche un'operazione che mette in rilievo lo stoico idealismo della protagonista, interpretata da una Julia Jentsch di cui sicuramente sentiremo parlare ancora in futuro: Sophie che lotta per proteggere il fratello, Sophie che pensa al destino degli altri e non (solo) al suo. Sophie ora fredda e impassibile, ora incapace di reggere la sua flemma, ora capace di piangere, o di contestare un processo-farsa con l'invettiva più audace "finirete voi stessi al posto mio".Ma soprattutto, è una grandissima lezione di regia: se Rothemund è stilisticamente imperfetto, è dotato di una personalità non comune. Basterebbe la sola sequenza iniziale all'università, o verso la fine, l'abbraccio struggente tra i tre imputati, in quel silenzio brutale che è la difesa assoluta della propria coscienza/anima, per comprenderlo. Tuttavia il talento del regista si nota soprattutto nelle sequenze in carcere: le conversazioni con la compagna di cella Else, affine per una battaglia sociale in comune, e quel tardivo bisogno di liberazione all'indomani dei primi attacchi aerei prima della liberazione dal nazismo. E' indubbio che qualcosa di Robert Bresson emerge in certe immagini, l'uomo che comunque ha dato voce nel cinema alle parole ma soprattutto ai gesti.

"Le leggi cambiano, la coscienza no"

Lasciate da parte ogni riserva sulla presunta staticità dell'insieme, questo è un film che DEVE essere visto. Anche un finale quasi classico, à la Schindler's list, non toglie nulla al potere invasivo del coraggio di questa donna, quando le sue mani intrecciate indicano l'ansia a dover trasmettere durante l'interrogatorio la grande consapevolezza della propria scelta, lucida anche quando sa di mentire. Sono costretto a ripetermi: l'abbraccio che sancisce l'alleanza verso un mondo migliore , bruscamente interrotto dal suo epilogo, è uno dei momenti piu' toccanti del cinema europeo degli ultimi anni
Niklò  08/05/2006 20:57:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sei di GS?
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  09/08/2006 00:48:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
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