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CRASH - CONTATTO FISICO regia di Paul Haggis

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  27/11/2005 22:04:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Maledizione, ma perchè alla fine ho l'impressione che questo cinema tiri indietro le mani prima di scottarsi? Le short cuts di Higgis non hanno a dire il vero molto in comune con l'Altman di "America, oggi", semmai mi ricordano i personaggi di 13 variazioni su un tema di Jill Sprecher (che è indubbiamente superiore), o la tipologia di dramma tipo "l'ombra della vita". Io a quest'ombra avrei voluto dare un Volto diverso, invece nulla che mi esorti ad uscire dalla sensazione di deja vu, nulla che davvero non ci abbiano già detto nichilisticamente Spike Lee o Solondz nei loro film. Eppure, è un buon film, e nondimeno girato in modo assai intelligente. Anche se tutto quel possibilismo (tutto puo' mutare a favore o sfavore di q.no) è radicato nel cinema americano, e allora è facile ammettere che la debolezza principale è di voler ad ogni costo trovare un lato meno amorale quasi positivo anche nelle figure piu' meschine. Il finale del resto è conciliatorio o blandamente integralista? Opterei per la seconda ipotesi: nel gioco distruttivo delle coscienze l'importante è non sfidarle ulteriormente. Dopotutto, la L.A. di Higgis si ricorda di Rodney King pestato a sangue dai poliziotti bianchi (guardacaso tutti assolti), ma al posto del "copkiller" Ice-T l'autore sceglie il meditativo Isham o un'icona country come Merle Haggard che neanche nelle strade dell'Alabama... Non è affatto politically correct: all'isteria dei personaggi, alla tensione imminente, si oppone un "suono" sintetico che certifica duramente tutto l'immenso fatalismo del disordine. Un po' come il Cruise di "collateral", bianco innamorato del jazz. C'è un vago senso di incompiutezza, e la citazione del vangelo ("il figliol prodigo") non aiuta di certo (anche questo è un clichè) ma è di gran lunga l'episodio migliore, il piu' toccante, il più denso di sottigliezze. Un working man di colore sopraffatto dalla sua identità razziale e dalla sua storia personale: ogni madre porta con se' l'amore esclusivo per il dolore, il rapporto con chi ha fatto la scelta piu' a rischio. Piu' contorto nel suo pessimismo il rapporto pur vago con Hollywood e gli script in mano ai bianchi: guardacaso la comunità nera di Hollywood recita in un film dove deve soltanto rivendicare la propria frustazione. Higgis realizza un'opera impetuosa e spesso anche notevole, alla quale oppone il solito alibi della forza spirituale (il mantello invisibile della bambina). Perr fortuna no, non è Anderson che in Magnolia pretende di essere Dio davanti al giudizio universale. Non è un film presuntuoso, anzi, è ricco di sfumature davvero esaurienti anche se con qualche forzatura di troppo (lo slang afroamericano, i linguaggi di una società tanto cosmopolita quanto privata della forza essenziale del rapporto espressivo-affettivo-umano). Mi piace che si citi la famigerata Discovery Channel e non posso che pensare alla gustosa parodia di Micheal Moore che "arrestava" inermi manager con la loro ventiquattr'ore. Il mondo di Crash è quello di una segregazione patologica, che come concept lascia semplicemente a bocca aperta. Gli sguardi feriscono, e si feriscono. Uomini dalla pelle scura che paventano il disagio, che disconoscono i loro "fratelli" ("guardami, tu mi crei imbarazzo. Crei imbarazzo in te stesso"), sia che siano ladri o semplici hipsters innamorati di Tupac et similia. Troppa identità scorre nelle vene, o troppa spersonalizzazione razziale: per imitare una maggioranza o per trovare un destino migliore per se' e i propri figli? La redenzione di Higgis è pura utopia, per questo si sfalda da sè. Ma è proprio per questo che il film è comunque importante: perchè realizza l'impossibile sogno di un'identità protetta, fagocitata dalla paura di perdere le proprie radici o le proprie ragioni di vita e di democrazia
norah  28/11/2005 10:43:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ahah,fico il pezzo di discovery channel!
Invia una mail all'autore del commento Andre85  28/11/2005 11:17:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
incredibile! anche a me è venuto in mente il film di mann
antoniuccio  29/11/2005 19:12:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come sempre, anche se non si fosse d'accordo con te, i tuoi scritti sono talmente unici (dato l'autore) che non è possibile dare un minimo di torto.
Però a me hai concesso di essere un po' cattivello (eccolo che attacca): la parabola del figliol prodigo non può essere mai un clichè!!!!!!!!!!
E questo era il mio unico appunto.
Per quanto riguarda le somiglianze con "America oggi", le avevo notate già dal trailer. Tu me lo confermi (avevo già deciso di non andarlo a vedere, dopo questa conferma me ne guarderò bene) e allora, a sorpresa, ti dico che con il voto sei stato anche ben largo!
Altman è per intenditori, a me non piace e lo trovo assurdamente lungo. Forse anche questo lo era?
Allora, come sono andato? Ti aspettavi di peggio?
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  30/11/2005 01:19:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A parte che Altman è uno dei miei registi favoriti ("America oggi" è ispirato a "cattedrale", il libro) e che è pur se tra alti e bassi uno dei piu' cattivi e antitradizionalisti registi americani... a parte questo, carissimo, devo esprimere il mio parere. Diciamo allora che avendo visto almeno una decina di film di questo tipo (il sistema della catena di sant'Antonio) la maggior parte rivela una tendenziosa spiritualità/religiosità che a volte sembra inopportuna se non ai fini di "addolcire" o "metaforizzare" una realtà ben piu' crudele. Spero di essere stato chiaro. Comunque piu' che Altman il film ricorda "13 variazioni su un tema". A presto fratellone
giax-tommy  23/01/2007 00:57:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
non ho capito un cavolo di quello che hai detto
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  23/01/2007 01:26:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eh eh se mi rileggo neanch'io