Dom Cobb 7 / 10 07/05/2012 17:51:12 » Rispondi Strano, mi ricordavo che era brutto, eppure ora, a riguardarlo, non è così male. La storia riprende, con qualche modifica, quella della Cascata di diamanti, migliorandola e correggendola. Buoni effetti speciali, qualche spruzzo di romanticismo che non guasta. Forse qualche elemento fantascientifico di troppo
ma non per questo la storia risulta incoerente. John Cleese è una piacevole sorpresa come sostituto di Q. Bravo il cast, con una Rosamund Pike come glaciale femme fatale.
elio91 07/05/2012 18:58:18 » Rispondi Sto leggendo alcuni dei tuoi commenti a Bond nell'attesa di avere un pò di tempo per leggermeli tutti. Pur non essendo sempre d'accordo mi fa tanto piacere aver trovato un altro appassionato della saga di 007! Spero però che a questo punto Casino Royale ti sia piaciuto...
Dom Cobb 25/11/2023 22:39:13 » Rispondi Dopo esser stato smascherato e catturato durante una missione in Corea del Nord, James Bond viene liberato tramite uno scambio di prigionieri in seguito a più di un anno di isolamento e torture; considerato un traditore dai suoi superiori, si dà alla macchia per scoprire chi l'ha incastrato e perché. Le indagini lo porteranno da Hong Kong a Cuba fino in Islanda e all'industriale miliardario Gustav Graves, che ha in mente un progetto riguardante una pericolosa arma satellitare nota come "Icarus"... Per quarant'anni Bond ha fatto parte della cultura popolare mondiale: partito come dei semplici film di fantaspionaggio a basso costo, si è man mano imposto come uno dei franchise più famosi e redditizi nella storia del cinema, consegnando alla storia uno dei personaggi fittizi più iconici di sempre. I produttori Wilson e Broccoli ne sono consapevoli e perciò, in occasione dell'anniversario della nascita della serie filmica, optano per una celebrazione di tutto ciò che è 007, nell'accezione più avventurosa e fantastica che all'epoca era la norma. Una scelta che, a posteriori, è risultata indigesta a molti, ma che a me continua a intrattenere con gusto ancora oggi. E' bene tener presente che la serie di Bond continua nel solco tracciato dai suoi immediati predecessori, seguendo la scia delle tendenze più popolari del cinema d'azione di quei tempi e premendo dunque il pedale della spettacolarità esasperata; l'azione è più in grande, le esplosioni più sbalorditive, i gadget più invadenti, la posta in gioco più alta. Il rischio del troppo che stroppia è dietro l'angolo ma, per la maggior parte del tempo, il gioco tiene abbastanza bene, al netto di qualche difettuccio. Niente di nuovo sul fronte tecnico: stavolta le redini le tira il neozelandese Lee Tamahori, un altro mestierante senza tratti stilistici particolari ma con una mano salda sia nelle scene di dialogo che in quelle più concitate, che per fortuna non sembrano più dirette col pilota automatico; la sua presenza più che altro incide sul tono, un intrigante mix fra seriose atmosfere da thriller politico e l'umorismo plateale e sopra le righe dell'epoca Moore con battute smargiasse aumentate a dismisura e situazioni surreali e al limite dell'improbabile, specie nella rocambolesca seconda parte.
Si comincia nella zona demilitarizzata fra le due Coree, che viene messa a soqquadro da un inseguimento in hovercraft, e alla fine ci si ritrova in un inseguimento tra macchine truccate all'interno di un palazzo di ghiaccio in scioglimento e uno scontro mortale in un aereo fuori controllo a due passi da un gigantesco laser spaziale.
E' un atto da trapezista, dove il rischio di sbilanciarsi da una parte a un'altra rischia di rovinare l'intera operazione, ma per fortuna, per gran parte del tempo funziona. Il punto è che i concetti sulla carta non sono di per sé il problema, i guai si riducono in una mistura di alcune sbagliate scelte di esecuzione e un panorama cinematografico in rapido cambiamento. A livello di esecuzione, è il solito rincorrere le mode cinematografiche del momento a causare problemi: momenti di montaggio iperattivo da videoclip e l'utilizzo smisurato in certi frangenti di una CGI di qualità non ottimale neanche all'epoca risultano più che altro gratuiti, un modo per scimmiottare il cinema alla "XxX" e i più tamarri action hollywoodiani che rendere omaggio all'eredità bondiana.
Il salvataggio dal laser facendo windsurf su uno tsunami è forse la parte meno riuscita, con effetti di compositing e creazione del ghiaccio davvero pacchiani (anche se l'acqua è resa ottimamente); ancora peggio sono le riprese dell'aereo computerizzato in pieno disfacimento sul finale, dove usare un modellino avrebbe senz'altro reso meglio. Allo stesso modo, l'uso improprio del ralenty nella scena in cui Graves/Moon uccide suo padre (o in certi momenti di scontro corpo a corpo) risulta invadente e quasi fastidioso. Per non parlare della canzone di ******* sui titoli di testa, non inascoltabile, ma davvero figlia dei suoi tempi.
Per fortuna, questi momenti durano poco e si riducono a pochi minuti in un film da oltre due ore; per lo più si sceglie di mantenersi sui binari degli effetti pratici e dei modellini, perciò gli si perdonano simili scivoloni. Questo perché l'intreccio e l'umorismo, premesso che stiamo comunque in territorio di pieno fantaspionaggio, funzionano bene: l'intrigo spionistico è sviluppato con abbastanza verve e convinzione da mantenere alto l'interesse, le località sono sufficientemente esotiche a dispetto di una fotografia a volte un po' anonima e le battute fanno quasi sempre centro.
Un plauso al nuovo Q di John Cleese, che non fa rimpiangere il compianto Desmond Llewelyn e autore del più divertente scambio di battute di tutto il film, purtroppo banalizzato nella versione italiana. "E' più intelligente di quanto sembri". "Sempre meglio che sembrare più intelligente di quanto non si è".
Questo naturalmente include una pletora di richiami e riferimenti a tutti i precedenti film di Bond, a volte infilati in bella mostra, altre volte verbalmente o con abili inserti musicali nella colonna sonora del solito, affidabile David Arnold. E gli attori si adattano con consumata professionalità alla situazione: Brosnan ormai interpreta il ruolo nel sonno se necessario e qui dà una versione a metà fra la classe ironica di Moore e la freddezza del Timothy Dalton più spietato. Toby Stephens è un buon villain, spalleggiato da un inquietante Rick Yune nel ruolo dello "sbrilluccicante" albino Zao. Ma a colpire è Rosamund Pike, ormai famosissima ma all'epoca esordiente: per essere il suo primo ruolo in un film, se la cava egregiamente. Perciò, con luci e ombre, "La morte può attendere" rappresenta il canto del cigno del Bond tradizionale e lo fa enfatizzandone i lati migliori come anche alcuni dei peggiori; ma di certo non è il peggio che la saga ha da offire, a prescindere da ciò che dicono i detrattori. Dopotutto, considerato che a livello di trama è quasi una specie di remake de "Una cascata di diamanti", al confronto la pellicola del '71 ne esce con le ossa rotte. VOTO: 7 e 1/2