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AD ASTRA regia di James Gray

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Light-Alex     4½ / 10  10/10/2019 20:53:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La cosa più bella di questo film è il titolo suggestivo, per il resto un semi-flop.
Ad Astra vuole essere un film che si inserisce in quel filone di film sullo spazio, in cui la ricerca ai confini dell'universo conosciuto si rivela nient'altro che una ricerca nella profondità dell'animo umano. Peccato che non si avvicina nemmeno lontanamente a titolo analoghi come Interstellar o Gravity e addirittura finisce dietro a film con l'intento puramente intrattenitivo come Passenger o The Martian (almeno quelli sono molto onesti con la loro funzione sempliciotta, ma sono efficaci).

In Ad Astra non ci siamo nè da un lato nè dall'altro. Preannuncio SPOILER...
I primi 5 minuti promettono molto bene: introduzione ottima, prime scene che ricordano il grado di ansia trasmesso da Gravity. Poi c'è un brusco rallentamento e inizia la trama principale della storia, la ricerca della nave spaziale con cui è partito il padre del protagonista (Brad Pitt) e contestualmente la ricerca del padre stesso, inizialmente creduto morto e poi ritrovato vivo in orbita intorno a Nettuno a fare non si sa bene cosa, il tutto condito da un grosso alone di mistero considerando che il padre stava proprio investigando la presenza di creature aliene nell'universo. Per cui lo spettatore viene catturato da parecchi interrogativi: cosa ha trovato il padre? Gli alieni esistono? E' impazzito? E' entrato in contatto con Dio? E' stato soggiogato dagli alieni?

Ottimi preamboli. Purtroppo il film è di una lentezza sfiancante. Ben presto ci si rende conto che il film è una lenta seduta psicanalitica del protagonista che fondamentalmente ha un rapporto irrisolto col padre, non ha mai metabolizzato la sua perdita, e questa ha influenzato la sua vita e continua ad influenzarla. Lunghi monologhi banali che potrebbero essere recitati sul lettino di uno psicoterapeuta. Peccato che non si empatizzi quasi per nulla con la vicenda, nè col protagonista. Lo sviluppo emotivo è scarno, anonimo, non c'è nessun guizzo che riesca ad attirare l'attenzione. Non si capisce nemmeno bene il motivo di dover ambientare questa lunga piece sulla metabolizzazione del lutto paterno nello spazio, l'ambientazione poteva essere qualsiasi altra cosa, lo spazio non apporta nulla, non si lega.
Le scene di azione sono inutili, messe lì tanto per dare un po' di pepe, ma non sono connesse alla vicenda (i pirati e i macachi sono due parentesi sconnesse dal resto). Carina la critica/monito alla commercializzazione della superficie lunare, che fa riflettere su come l'uomo porti i suoi vizi e le sue imperfezioni anche lontano dalla Terra, ma anche in questo caso la critica sociale è come una tematica parallela che non c'entra nulla con quella principale del film.
L'incontro finale col padre è privo di pathos, comandato dalla frase "Lasciami andare!" ripetuta più e più volte, che è il senso del film, il lasciare andare lo spettro di una persona che ancora ci condiziona, ma il tutto è detto in maniera talmente diretta, semplice, banale, superficiale che non conquista assolutamente. Il finale era l'ultima speranza di questo film, dopo questa lunghissima attesa ci doveva essere qualcosa che spaccava il film. Invece avviene solo questo scarno incontro con un vecchietto, disinteressato delle cose della Terra, perso in sè stesso, con accenni di senilità.
Unica cosa di rilievo del film è la fotografia. Le immagini dei crateri lunari, della sabbia rossa di Marte, delle orbite blu di Nettuno sono tra le più belle che ho visto in sala negli ultimi anni (esperienza da fare al cinema, in casa questo film perderebbe ancora di più). Peccato che l'ottima fotografia è al servizio di un film scarso.