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JOKER regia di Todd Phillips

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Spotify     8½ / 10  28/06/2021 06:34:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
--- PRESENTI SPOILER ---

Film clamoroso, non me lo sarei mai immaginato, ma "Joker" è davvero una pellicola che lascia a bocca aperta.

Forse il miglior film degli ultimi 10 anni, personalmente era da tempo che non uscivo dalla sala così soddisfatto.
Prima di visionare la pellicola, avevo letto ovunque di un Joaquin Phoenix straordinario. Difatti, uno dei motivi per il quale sono andato a vedere "Joker", è stato proprio per verificare se la prova dell'attore San Juan fosse così riuscita. Ebbene, sono rimasto quasi commosso dall'interpretazione di Phoenix, ma ne parliamo meglio dopo.

La trama è ambientata appunto a Gotham City, nel 1981, e ha per protagonista Arthur Fleck, un uomo con delle turbe mentali che come mestiere fa il clown. Arthur soffre di vari disturbi psichici, che lo portano ad essere psicologicamente instabile e costantemente depresso. Il sogno di Fleck è fare il comico e ammira molto Murray Franklin, il presentatore di un divertente show televisivo che Arthur segue con molto interesse. La psiche del protagonista vacilla però sempre di più a causa delle angherie che è costretto a subire e di una Gotham sempre più in preda al caos e al disordine. Un'ulteriore serie di eventi non farà che peggiorare sempre più la situazione dell'uomo, fino al punto di non ritorno.

Todd Phillips firma un autentico gioiello, un cinecomic d'autore, che poco in realtà a che fare con l'universo fumettistico.
Il regista trasporta lo spettatore dentro una mente malata e instabile, quella di Arthur Fleck, e man mano mostra il decadimento psichico del protagonista. Phillips ci offre un viaggio di sola andata, perché Joker non torna indietro, non ritorna Arthur, è divenuto folle e tale rimane. Però, rispetto al "Joker" interpretato da Heath Ledger che era un pazzo genialoide, il personaggio interpretato da Phoenix è umano, per 100 minuti noi osserviamo un uomo con problemi che conduce una vita sciagurata in un posto sciagurato. Gli ultimi 15/20 minuti sono poi quelli che consacrano la nascita vera e propria del "Joker", ma fino a quel punto, noi spettatori, assistiamo impotenti alla discesa di Arthur nel baratro della follia. Tutto questo, non è analizzato con grandissima meticolosità e va bene, perché il regista ci mostra, si, la decadenza psichica del protagonista, ma senza ricorrere a sequenze o episodi fin troppo contorti. Phillips è bravo a rendere il personaggio di Arthur fruibile nei confronti del pubblico.
Il regista riesce a creare un legame fortissimo tra astante e protagonista, in quanto chi visiona il film prova un fortissimo senso di empatia nei confronti di Arthur. Ad esempio, la risata isterica del personaggio, è come se fosse in realtà un urlo, un pianto che va ad esprimere tutto il malessere di Arthur. Questi è come se non esistesse, tant'è che in una battuta del film lo dice lui stesso. Uno stato di completa alienazione del personaggio.
Dietro però a tutto il mal di vivere del protagonista, c'è una società marcia, egoista e discriminatoria. Chi conduce una vita benestante sta bene, chi invece sta messo peggio, non è aiutato da nessuno e deve cavarsela da solo con quello trova. Ma la cosa peggiore, è che chi sta bene, si permette anche di schernire e deridere quelle persone in difficoltà. La scena della metropolitana è un chiaro esempio di quanto scritto, dove tre giovanotti facoltosi, se la prendono col povero Arthur, il quale alla fine reagisce nell'unica maniera, per lui, possibile. Proprio dopo quell'episodio, dentro la testa del protagonista scatta quella scintilla che fa precipitare Fleck nella follia. Arthur capisce però, come combattere l'ipocrisia che ha sempre caratterizzato la sua esistenza, ovvero nella maniera più brutale possibile. Il "Joker" è un prodotto della società, la quale a causa della sua noncuranza ha permesso la nascita di una simile figura.
Dietro questa delicata tematica con conseguente critica, si cela, per come l'ho vista io, un ulteriore critica nei confronti dell'America, che sarebbe descritta proprio come la Gotham City del film.

La caratterizzazione del protagonista è delineata fin nei minimi dettagli: come detto, questo "Joker" è essenzialmente umano, non il pazzo criminale eccentrico che siamo stati abituati a conoscere. In questa pellicola Todd Phillips scava a fondo nella mente del protagonista e ci dice il perché Arthur diventa quello che diventa. Fleck è un uomo problematico, ma che in qualche modo cerca di nascondere i suoi disturbi, pur non riuscendoci sempre. Arthur in realtà vorrebbe solo far ridere la gente, trasmettere agli altri l'allegria della quale lui non ha mai goduto. E durante il film, il protagonista prende ulteriori batoste, subisce soprusi, si immagina cose che in realtà non esistono. Personalmente non mi è capitato spesso di provare così tanta compassione per un personaggio cinematografico. L'astante se potesse farlo, entrerebbe nello schermo per dare una mano ad Arthur e vendicarsi di una società che lo ha maltrattato sin dall'inizio. E durante il finale, quando Arthur diventa "Joker", lo spettatore non critica le sue folli gesta, ma in un certo senso, le ammira. In fondo, Arthur si vendica di tutte le angherie subite. E' una follia estremamente affascinante quella di Arthur Fleck, non una follia comune, ma è qualcosa di davvero particolare. Phillips si è evidentemente ispirato a personaggi come "Travis Bickle" o "Jack Torrance" per il suo "Joker", ma questi è un soggetto che intriga, colpisce, tiene il contatto con lo spettatore come pochi altri.

Il ritmo della pellicola è molto buono. Nella prima parte, forse, il film è leggermente lento, ci mette un po' a decollare, ma quando ciò accade, è davvero la fine del mondo. Vediamo come gli eventi giungano, in maniera vertiginosa, al fatidico punto di non ritorno. C'è una narrazione davvero palpitante e a larghi tratti imprevedibile.

Tecnicamente, siamo su alti livelli. Phillips, che prima di "Joker" ha girato quasi esclusivamente commedie, mette in atto, in maniera sapiente, tutte le regole del cinema drammatico e thriller: riesce a creare una tensione non indifferente e soprattutto un'atmosfera malsana, la quale è costante per tutto il film, che si tinge di un colore sporco.

Davvero ben fatte le scene violente, un po' "tarantiniane". Il sangue si vede, eccome, e bisogna dire che un po' di sana violenza in questa pellicola ci voleva proprio. Il gore aiuta anche a comprendere meglio a che punto è arrivata la fragile mente di Arthur.

Anche le sequenze ambientate nella metro (quelle verso la fine della pellicola) sono realizzate benissimo. Caratterizzate da un montaggio frenetico ma ugualmente eccellente, elevano il ritmo alle stelle e producono tanta suspense. Lo spettatore in questi frangenti si ritrova praticamente spiazzato, in quanto il film diventa talmente sopra le righe (in senso positivo) che non sa più cosa può aspettarsi.

Comunque, la cosa migliore della regia di Phillips, rimane l'empatia che lui riesce a farci provare per Arthur, ad ogni singola, fottuta, scena. E il director non disdegna nemmeno di momenti toccanti, forse un po' studiati a tavolino, ma mai melensi.
Phillips riesce anche a creare un bel mix di generi: principalmente "Joker" è un film drammatico, ma ha degli spunti che lo avvicinano al noir ed in più, spesso sfiora il grottesco, grazie soprattutto ai dialoghi spesso eccentrici ma mai fastidiosi.

Il finale è qualcosa di epico. Sicuramente si tratta di un epilogo che da un taglio commerciale all'opera, ma è tutto talmente bello che non si può far altro che restare estasiati. Assistiamo al caos, al ribaltamento dei ruoli, a centinaia di persone che lasciano uscire il loro istinto violento, guidati da un solo uomo, che oramai è divenuto "Joker". Assolutamente fantastico.

La fotografia è splendida. I toni sono molto cupi e si rifanno ai noir/thriller degli anni 70 (qualcuno ha detto "Taxi Driver"?). I colori del film man mano si scuriscono sempre più, quasi a voler rappresentare il tracollo psicologico, costante, di Arthur. Ma poi c'è una cura dell'immagine davvero pazzesca, ogni minima cosa che vediamo provoca suggestione. La scenografia va a nozze con la fotografia e anch'essa è molto ispirata ai vecchi thriller di 40/45 anni fa. La "Gotham City" mostrataci nel film è un luogo ostile, sporco, lurido, pieno di zone malfamate. Ovunque ci si gira, si notano solo rifiuti, disordine e gente che se ne infischia totalmente del caos che hanno attorno. Ho trovato la location particolarmente valorizzata nelle scene sulla metro, che tra l'altro rievocano un sacco "I Guerrieri della Notte" di Walter Hill.
Tutta l'ambientazione, fa da sfondo perfetto alla vita di Arthur. Più il film procede, più Gotham scivola nella confusione e nello scompiglio, come appunto, la mente di Fleck.

Bellissima la colonna sonora, punto cardine del film. Senza di essa, molte scene non sarebbero state le stesse. Phillips colloca alla perfezione le musiche all'interno del film, creando delle sequenze, oserei dire, sublimi. Chi se la scorda ad esempio la scena del bagno?
Azzeccatissime, in alcune scene clou, anche le canzoni di autori classici, che, essendo tutte piuttosto allegre e divertenti, danno dei toni più grotteschi. Ad esempio, la sequenza delle scale credo sia già entrata nella storia del cinema proprio grazie, in parte almeno, alla canzone "Rock and Roll" di Gary Glitter.

Sul cast ed in particolare sulla prestazione di Phoenix ci sarebbe forse da scriverci un libro. L'attore di San Juan sfodera una performance che resterà negli annali. "Arthur Fleck" è un personaggio che forse merita, per lo meno, di essere accostato a protagonisti leggendari del cinema degli ultimi 50 anni, come ad esempio "Alex DeLarge", "Travis Bickle", "Randle McMurphy" e "Jack Torrance". Phoenix riesce a dare ad "Arthur" un carattere, un'identità ed una sofferenza che lasciano davvero di stucco. L'attore, in certi passaggi, riesce a far sembrare addirittura semplice l'interpretazione del personaggio, ma dietro ciò si cela un lavoro enorme, svolto con cura e fin nei minimi dettagli. Persino le movenze che l'interprete assume hanno un che di poetico, nulla è lasciato al caso. Phoenix, riesce a far trasparire tutta la sofferenza del protagonista: ogni sguardo, ogni parola proferita da "Arthur", è tutto costantemente accompagnato da un velo di malinconia. E lo spettatore, non può far altro che immedesimarsi nella figura di "Arthur Fleck", in quanto Joaquin Phoenix riesce a creare un'empatia con l'astante che è qualcosa di incredibile. E' vero che, come ho detto in precedenza, una buona parte del merito di ciò se la prende Phillips, però la natura empatica che l'attore protagonista riesce a sviluppare è straordinaria. Per fare un esempio, la risata, malata, di "Arthur", stordisce lo spettatore, lo colpisce nel profondo, non lo fa sentire totalmente estraneo al malessere che "Fleck" vive. Poi, Phoenix dimostra anche moltissima versatilità: alle tantissime scene drammatiche o comunque che vedono "Arthur" in difficoltà, ce ne sono altre che invece vedono il protagonista quasi allegro, intento ad assumere toni molto umoristici. Ci sarebbe molto altro da dire sulla recitazione di Joaquin Phoenix, ma mi fermo qui perché in questi casi, è meglio guardarla coi propri occhi una performance del genere che leggerla su un sito internet.
Bella prova anche di Bob De Niro. Seppur presente in poche scene, l'iconico attore si conferma ancora una volta un asso, in grado di tenere la scena con una semplicità disarmante. Nella sequenza del dialogo con Phoenix, De Niro da prova, come se ce ne fosse il bisogno, della sua infinita bravura.

La sceneggiatura è di grande livello: l'impianto narrativo ha una struttura solidissima, poi ci sono un sacco di idee, tanti spunti e soprattutto un'evoluzione costante del personaggio di "Arthur". Man mano, Phillips e Scott Silver ci conducono sempre più nella mente del protagonista, mente che piano piano, si sgretola. Colpi di scena sono pochi ma ben piazzati. Questo perché, ripeto, lo screenplay va ad esplorare, la psiche di "Fleck". I dialoghi sono splendidi: mai noiosi, neanche una volta, ma sempre frizzanti, ironici, sarcastici, seppur con un fondo di drammaticità. Ogni parola, ogni battuta che "Arthur" dice, non è mai banale o scontata, anzi, è un piacere udire ogni singola cosa che dice, anche quella apparentemente più insignificante.

Una pecca? Forse leggermente lento nella prima parte, ma il tutto viene poi compensato con la seconda.

Conclusione: film sensazionale, non so se definirlo capolavoro, ma è "Joker" è un'opera veramente eccelsa. Una pellicola che fa riflettere, che guarda alle disuguaglianze sociali, che ha per protagonista un uomo, disturbato mentalmente, che vorrebbe solo far ridere la gente. E poi, c'è Joaquin Phoenix che regala una recitazione clamorosa, una performance che da anni non si vedeva al cinema. Insomma, un grande film, chi non l'ha visto provveda immediatamente.