caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

C'ERA UNA VOLTA A... HOLLYWOOD regia di Quentin Tarantino

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Terry Malloy     8½ / 10  12/10/2019 15:52:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il cinema di Tarantino è sempre stato un cinema dei deboli. Dietro alle facce dure, agli uomini tutti d'un pezzo in smoking, ai resistenti del ciclo storico, alla sfrontatezza scurrile dei suoi dialoghi memorabili, si sono sempre celate delle anime fragili. Questo il punto di forza principale del suo storytelling.

Non esula da questo discorso il suo ultimo, splendido film. Non uno dei migliori, lo dicono tutti, ma alla fine scegliere un film migliore di Quentin è davvero difficile. Sono storie. Storie di uomini e donne che si muovono in molteplici dimensioni: lo spazio storico, lo spazio cinematografico, lo spazio dei generi letterari, lo spazio della memoria dell'autore. Quentin non è uno storyteller di Hollywood, è *lo* storyteller di Hollywood. Già nella costruzione del doppio di Rick Dalton, ha dichiarato in una bella intervista con Marco D'Amore, di avere studiato varie carriere di questo tipo, di essersi fatto raccontare di stuntman di questo o quell'attore del passato.

Come sempre, quelle di Quentin sono storie maschili, punteggiate da figure femminili leggiadre e intelligenti. Questo lo accomuna agli altri grandi raccontatori della tradizione del cinema americano: i fratelli Coen.
Questi uomini sentimentali, legati al loro tramonto, e queste donne libere, sognatrici, che non si capisce bene cosa vogliano.
Da quando Quentin ha cominciato la sua fulgida carriera di sceneggiatore e regista, l'idea che i sentimenti siano la nostra croce e delizia ha un po' fatto da padrona: da Mr. White che difende a spada tratta Mr. Orange pur non sapendo che è una talpa, fino a Beatrix Kiddo con Bill, c'è sempre un complesso sentimentale irrisolto (e che Quentin non spiega mai) che lega due personaggi fino alla morte.
Siccome questa è una controstoria però, controstorico è anche il sentimento del regista rispetto al suo stesso stile di racconto: quella tra Rick e Cliff è una vera amicizia, e quella di Sharon Tate una storia a lieto fine di buon vicinato.
Tarantino sembra suggerirci che esiste un senso nascosto nelle storie, e che tra un gesto di buon vicinato e un massacro politico il passo è assai breve, anzi è la sostanza stessa, sognante e irrisolta, che domina quello strano quartiere sulle colline che si chiama Hollywood.