Ciumi 9½ / 10 09/01/2010 19:36:44 » Rispondi Si può ben dire che l'Idiota di Dostoevskij rappresenti perfettamente la figura di quell'eroe che fu il protagonista di molto del cinema di Kurosawa: l'individuo che, attraverso la purezza imposta al proprio animo, esplora tutte le gelosie, i grandi e i piccoli conflitti, gli odi e gli inganni di cui si fanno portatori gli uomini. Del resto, già nel medico del film "L'angelo ubriaco", erano largamente delineati quasi tutti i tratti di tale soggetto; che meglio ancora ritroveremo nella "risurrezione" di un anziano in "Vivere", o nei guerrieri che combattevano senza ricompensa in "I sette samurai", o più avanti ancora in "Dersu Uzala".
Giappone del nord, secondo dopoguerra novecentesco, specchio d'una Pietroburgo metafisica, luogo ventoso il cui manto innevato diviene il colore dell'anima del protagonista: ma anche il gelo, la tormenta, il torpore, l'ambiente deserto che l'idiota attraversa come una fiammella in lotta per avanzare, per non spegnersi, contro le folate circostanti. Passa d'ambiente ad ambiente, da interno a interno, da sguardo a sguardo.
Quella di Kurosawa è una lettura attenta, coinvolta e al tempo stesso distaccata - intenta soprattutto a valorizzare i dialoghi e le turbe amorose - eccezionale nel ritratto psicologico dei personaggi. Sa cambiare di tono ad ogni brano; isola i volti e le conversazioni in atmosfere cariche di attesa, di pathos, di lunghi silenzi: e se alcuni degli interpreti, o se anche una folla di comparse attornia i due colloquianti, questi tacciono, simili a maschere, li circondano osservandoli e concentrando su di loro tutta l'attenzione.
Ed è tutta presente in quella scena verso la fine del film la tensione di cui ci si è caricati durante la visione - che già si accumulava dalle prime sequenze, e si riproponeva ad ogni ritrovo, che esplodeva in maniera convulsa nell'episodio dello shock subito da Kameda, e tornava vibrante nell'incontro tra le due rivali: l'idiota resta accanto al compagno assassino, vegliano in una stanza buia, vicini, quasi complici; il secondo accenna a certe allucinazione che indoviniamo nei bagliori tenui di un cero - la serenità e la turbolenza venute ad incontrarsi - che silenzioso, piano si spegne.
Inutile secondo me ripensare ai tagli subiti dalla pellicola, ai contenuti e alle parti andate perdute per sempre: così come ci perviene, "L'idiota" di Kurosawa resta un film bellissimo, e probabilmente la migliore trasposizione di un romanzo di Dostoevskij su schermo.
dobel 11/01/2010 09:41:24 » Rispondi Un ottimo commento che mi trova perfettamente d'accordo. Se mi permetti ti indico un'altra trasposizione dell' "Idiota", stavolta televisiva, ma la conoscerai: quella con Albertazzi nel ruolo del protagonista; la registrai dalla tv a notte fonda qualche anno fa e mi ha impressionato molto favorevolmente.
Ciumi 11/01/2010 16:27:16 » Rispondi No non la conoscevo affatto. Anzi ti ringrazio molto del complimento e del suggerimento, vedo se riesco a recuperarla.
dobel 12/01/2010 10:14:52 » Rispondi C'è anche quello che credo essere il debutto di Gian Maria Volontè: nella parte di Rogozin. Molto interessante.