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TESTIMONIANZA DI UN ESSERE VIVENTE regia di Akira Kurosawa

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amterme63     7 / 10  27/03/2010 20:48:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche i film cosiddetti "minori" di Kurosawa rimangono dei film molto piacevoli da vedersi e, nonostante trattino temi d'attualità dell'epoca, contengono messaggi sempre validi e richiami a istituzioni e situazioni che ci coinvolgono tutt'ora.
In questo film un signore anziano (un Toshiro Mifune irriconoscibile), ricco e paternalista proprietario di una fonderia, giapponese vecchio stampo, essenziale, diretto, decisionista, cocciuto, legatissimo ai doveri, ma allo stesso tempo anticonvenziale e coraggioso; è preda di un autentico timore panico per una eventuale e data per sicura esplosione atomica. Non volendo finire arrostito come a Hiroshima (non ha paura della morte, ma non vuole morire in quella maniera) decide di vendere tutto e trasferirsi in Brasile. I problemi nascono per il fatto che vuole portare con sé la famiglia ufficiale e i vari figli seminati in relazioni extraconiugali. Lo fa per altruismo, perché vuole salvare i suoi cari e non capisce la loro opposizione.
Il film si sviluppa su due piani. Il primo è quello della legittimità o no della paura nucleare che ha il protagonista (fino a che punto può diventare una fissazione o una pazzia) e se vale la pena o no di prendere contromisure. L'altro mostra lo sgretolarsi dell'istituto della famiglia a favore del proprio egoistico tornaconto. Un po' come in "Vivere", il protagonista viene tolto dalla sua routine quotidiana dall'imminenza di un evento estremo e risolutivo e in questa maniera si accorge di avere fondato la sua vita sul vuoto di valori, ritrovandosi alla fine tremendamente solo.
L'approccio al tema, come solito in Kurosawa, è tipicamente personale e umano. In altre parole non si va ad indagare le cause politiche o generali del pericolo nucleare, si vuole mostrare piuttosto l'effetto che ha la paura nell'animo di una persona, le sofferenze, le pene, i conflitti e le lacerazioni che causa.
Tutto in pratica grava sulle spalle della recitazione di Mifune, che stavolta però non è all'altezza. Un attore che ha appena 35 anni come fa a recitare un personaggio che ne ha più di 70? Tutto nel protagonista appare forzato ed estremizzato (sempre con il suo ghigno o il suo sguardo fra il terrorizzato e l'amareggiato) e a volte si riduce quasi ad una macchietta. Lo spettatore non riesce ad identificarsi nel protagonista e spesso viene proprio da considerarlo pazzo. Le ragioni dei suoi figli sono addirittura più comprensibili, anche se meno "nobili". Ma questo è tipico di Kurosawa che (giustamente) mette buono e cattivo in ogni personaggio.
C'è da dire che all'epoca il problema nucleare era sentitissimo e la paura maledettamente reale. Mancando l'atmosfera del momento di uscita del film, noi attuali spettatori non riusciamo più ad entrare a dovere nello spirito del film.
Dal punto di vista tecnico ci sono alcune belle scene (piani sequenza complessi, dialoghi ripresi di spalle, ecc..). La scena che rimane impressa è quella finale, la quale lascia una sottile inquietudine nello spettatore. Non è il Dottor Stranamore, ma anche questo film con la sua storia un po' paradossale e il suo approccio sentimentale ci ammonisce a dovere che la Fine (con la F maiuscola) potrebbe essere dietro l'angolo.