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THE NEW WORLD - IL NUOVO MONDO regia di Terrence Malick

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     9 / 10  29/01/2006 15:15:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"E' stato un tempo il mondo giovane e forte odorante di sangue fertile..."

"Curioso, 4 film in 35 anni, allo scopo di raccontare (tardivamente?) la dimensione del pensiero umano, la sua fragilità, l'impotenza. Se qualcuno contesta a malick la tendenza a perdersi in una sublimazione fotografica, poco importa. Si disse, e Malick conferma, che tutto avesse inizio ben prima di trovarci davanti a un mondo "debole e vecchio", la dimensione laica di M. tende a sostenere che l'uomo - molto prima della sua contemporaneità - compiva i suoi errori consapevole di poter perdere "molto" ma guadagnando "qualcosa" che non è essenza universale, ma la gloria vana e il passaporto per la storia. Si dirà che l'uomo per Malick va incontro al suo destino perchè non potrebbe fare altrimenti. Chi critica il film dovrebbe approfondire l'acutissima indagine sul concetto di libertà già prestabilito e inerte, il "noi sorgiamo dalla tua anima": questa utopia di paradiso atemporale, dannazione, è sempre (piu'?) presente, e sempre piu' profano l'atto di avverarla. Dal villaggio "rurale" al villaggio "globale" occorrono secoli, colonizzazioni, e massacri eppure "credendo che gli uomini non saranno preda gli uni degli altri" si avvera e si dissolve il futuro marxismo, con la sua consapevolezza di "impossibilità effettiva". Non c'è da stupirsi: la conquista della terra (altrui) è vanificata solo interiormente dal bisogno di farne parte, c'è semmai la conoscenza vaga di un frammento che abilita l'individualità a cercare lontano la propria dimensione e ritrovarla solo con gli oneri e i privilegi della terra ove è nato Che è a tutti gli effetti la ragione per cui la civiltà moderna si solidifica su giganteschi errori coloniali del passato. Malick contrappone all'uso smodato della letterarietà (o di prosaici aforismi) immagini di altissimo lirismo e rarefazione, forse estetizzante, ma mai pedante o didascalico. E' ovviamente grande cinema, quello che molti non si meritano. Viene decontestualizzato questo pudore ancestrale dello sguardo, della natura schiva ma rigogliosa, di questo eccellente cineasta.
La purezza visiva di Malick arriva a sfociare nel naturalismo anche quando cita kubrick e il simbolismo rigoroso de "l'alba dell'uomo" cfr. i figli di Darwin in sommossa davanti al gigantesco e misterioso monolite.
Il messaggio di Malick è figlio di un'illusione che conosciamo, ma che sappiamo anche per forza di cosa essere "costretta a rivelarsi"
Credo pero' che non abbiano tutti i torti i detrattori a riferire quanto il suo disincanto a volte corra il rischio di celebrare troppo passivamente la purezza svelata dell'Altro mondo, rinunciando percio' ad esibire completamente la contraddizione di un desiderio che è più che mai soggettivo. Se il film tende a soffermarsi pedissequamente sulla storia d'amore tra Pocahontas e John fino a svelarsi nella civilizzata Inghilterra Vittoriana nella scoperta di una "seduzione regale" : nel divario sociale politico e geografico il rispetto delle diversità terrene è una ragione quasi omissiva della realtà Ed è facile suggerire il tutto come la scelta di un'autore che invita, oggi, alla conoscenza altrui senza bisogno di recidere i vincoli, l'amore per la propria terra, gli affetti familiari, le tradizioni, cioe' la liberta'. E' vero: questo film contempla un po' troppo una necessità fisica e mentale di contatto terreno, una bellezza di puro esilio gaugheniano. Ma Malick è l'opposto di John Ford, comunque: non costringe quasi mai la storia a liberarsi dei suoi vizi per enfatizzare l'agiografia della vittoria, anzi rinuncia proprio alla sua fase agiografica. Se pensiamo al personaggio e ai film che fa, è davvero insolito: quasi un bambino catturato da una speranza perduta, ben diverso dal rude e solitario cineasta che ha concesso due interviste in tre decenni (meno dei suoi film) e di cui si fatica a ricordare persino il volto.
In fondo, in "the new world" tutti hanno perduto qualcosa, Perchè se "la coscienza è un cane che abbaia" il mondo intero la nostra vita ci insegna tristemente a prevenirla. Per rinunciare a qualcosa... è tutta una questione di prestigio
Reservor dog  18/10/2007 13:54:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il nostro mondo è adesso, debole e vecchio, puzza il sangue versato, infetto.
giax-tommy  13/03/2008 18:41:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sono dei pareri proprio divergenti per questo film.Non vedo l'ora di vederlo
frine2  11/02/2006 00:11:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi sembrava che tu citassi Pavese....invece scopro che sono i Liftiba (o il C.S.I. ). Ma sono sicura che rileggendo Pavese troverò quella frase, magari leggermente diversa. Gli intellettuali alternativi di oggi dovrebbero riconoscere il loro debito verso quelli dell'altro ieri.
Ma in un certo senso tout se tient: in questo periodo sto portando in giro per l'Italia i "Dialoghi con Leucò" di Pavese, nell'interpretazione di un gruppo teatrale 'alternativo'.
Sarebbe bene confrontarsi su questi temi. Se non fosse stato per la tua citazione, avrei perso qualcosa:-)
Sul film siamo d'accordo.
gerardo  04/03/2006 22:59:25Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Del mondo", C.S.I., Kodemondo, 1993
frine2  24/03/2006 02:15:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, l'ho recuperato, grazie:-)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  18/10/2007 16:12:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Pavese... confesso che l'ho letto poco ma qualcosa mi lega a lui (non dirò cosa per ragioni personali) I dialoghi sono stati recepiti dall'impotenza mentale a capire e apprezzare l'operazione di Straub e Huillet con "quei loro incontri" mah
shineonthepiper  22/10/2006 20:13:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
AMEN.