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IL RITO regia di Ingmar Bergman

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Crimson     7½ / 10  17/12/2005 17:48:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bergman nel pieno della sua fase più sperimentale e estrema prende molti spunti per la vicenda da "il volto" (1958) ma descrive personaggi e situazioni in modo assurdo, inverosimile.
I quattro protagonisti hanno una personalità malata e interessante: all'inizio sono i tre attori teatrali a polarizzare l'attenzione ma gradualmente emerge la figura del giudice, o meglio, dell'uomo che si cela dietro la professione di giudice.
I tre attori Sebastian Fischer (interpretato da Anders Ek) Thea (Ingrid Thulin) e Hans Winckelmann (l'immancabile Gunnar Bjornstrand) sono tre personaggi di grande interesse (specie il primo), descritti singolarmente con grande incisività (e per far ciò Bergman "si serve" delle scene in cui vengono chiamati a deporre uno alla volta). Con altrattanta fine e consueta profondità sono descritti i torbidi legami tra di essi. Tra personaggi deboli e che traggono la loro forza alimentandosi l'un l'altro, nella loro indissolubile unità malata: la signora Winckelmann (talmente fragile che non riesce a sopportare il peso di parlare da sola con un'altra persona estranea alla "triade") ha una relazione con Sebastian, e Hans nonostante ne sia al corrente non prende alcuna posizione, in quanto è succube. Lo stesso Sebastian, il più estroverso dei tre, è permaloso, irascibile. Restano negli occhi scene di grande impatto come il rogo del letto (una scena pazzesca!) o lo spettacolo finale.
Un film formalmente molto semplice e lineare che osa andare al di là della linea della cosiddetta "normalità" senza peli sulla lingua mediante scene per l'epoca "scabrose".
Tra i vari spunti, mi piace ricordare l'assoluta umanità dei tra attori, che per quanto deviati e bizzarri hanno per me un'accezione positiva, contrapposta alla brutalità (assolutamente anticonvenzionale) del giudice-uomo, inquisitore e inquisito. Quest'ultimo dovrebbe essere una persona dalla moralità super partes ma si rivela eticamente ad un livello ancor più basso di quello degli attori, che tra virgolette sono "giustificabili".
Comunque mi piacerebbe discutere di questo spunto del film a mio avviso interessante.
In conclusione "il rito" è un film breve e "malato", affascinante come tutti i film più eversivi (e in quanto tali spesso vergognosamente oscurati o penalizzati con tagli e manipolazioni) del regista.