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IO NON HO PAURA regia di Gabriele Salvatores

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  23/03/2005 22:45:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' stato ritrasmesso in tv in questi giorni Non ho potuto rivederlo, ma mi è venuta voglia di riparlarne... tutta la "paura" che avevo, il timore che Salvatores tradisse lo spirito dello splendido romanzo di Ammaniti.. Beh niente vero: messe da parte le velleità surrealiste di Ibiza vs. Amnesia l'incontro con Ammaniti celebra il miglior Salvatores mai visto. E' chiaro che già quel libro porta con se' referenti cinematografici e letterari non indifferenti, dal signore delle mosche a stand by me di king, persino altre voci altre stanze di Capote, ma qui Salvatores fa davvero sul serio, mettendo da parte ogni velleità tecnica (solo per un attimo cita el espejo del cielo di Carlos Salces) e riportando il cinema italiano ai fasti di De Santis e Mario Soldati. Chi? Roddy Doyle è vicino (Paddy Clarke ah ah ah) ma è opportuno chiedersi quanto prevalgano le origini e influenze su un discorso aprioristico coinvolgendo questa bellissima e vitale parola, paura.
Ma l'arcano è svelato sia in S. che nel romanzo ononimo: la paura è un'arma necessaria tanto più quando viene combattuta (altrimenti che si combatte a fare?) Conosco tutto, ancora adesso: il fascino spettrale dei ruderi, il mistero insondabile delle dimore abbandonate, i rovi e l'erba alta a frustare tutti i miei desideri di ragazzino quando volevo ad ogni costo sormontare certi confini Ogni giorno vediamo la vita scorrerci avanti, la paura di scelte che abbiamo in qualche modo incentivato, ogni giorno noi, senza saperlo, abbiamo PAURA. La sorpresa è scoprire che anche Salvatores sa di averne: come del resto il sottoscritto ne ha del suo cinema (non sono mai stato un suo fan): troppo illustrativo, troppo indulgente, troppo stereotipato. O troppo presuntuoso ("nirvana" - già che c'era la moda della virtual reality poteva negarla il regista più spudoratamente cool di casa nostra?) Non riesco a immaginare un autore più opportunista (il film giusto al momento giusto) di lui, per quanto le sue radici culturali e ideologiche me lo rendano tutto sommato simpatico. Che abbia talento, è indubbio, al di là dei risultati. Eppure qui c'è molto di più: non so se sia merito del libro, ma qualcosa (anche l'umiltà certo) è entrato nel dna di S. e il risultato è al di sopra di ogni aspettativa. Qualche riserva? Sì. Cosa mi dicono mai quelle immense distese di grano, se non il ricordo ordinario di un'odioso spot televisivo? O l'enfatica apparizione - la prima - di Filippo così marcatamente horror? L'impressione di una strumentalizzazione dello script al servizio dei fatti di cronaca (i sequestri, la basilicata etc) era forte, ma poi tutti i dubbi si dissolvono. Perchè Salvatores ha miracolosamente preservato lo spirito del libro, misurando il grottesco con abilità insolita (come nel personaggio realmente deplorevole e viscido di Abatantuono) dedicandosi anima e corpo a quella realtà filtrata dalla luce, della mente del protagonista (leggasi: la lampadina che Michele tiene sotto le coperte per scrivere il suo diario). Io non ho paura diventa quindi consapevolezza di un percorso di vita, o l'immagine di un tabu' che gli adulti non sanno o non possono infrangere (quando Michele chiede al padre il perchè egli non sa rispondere: davanti all'uomo si rispecchia la paura che lo accerchia, l'ignoranza della sopraffazione che ha condannato filippo alla segregazione, il male dell'Adulto smascherato da un bambino) E comunque è giusto e coerente immaginare (cioè non vedere, non sapere, non capire, ma imporre) quanto la paura degli adulti divenga un sogno (pagato a caro prezzo pero') per fuggire da un'esistenza piatta e umile. Come già in Ammaniti, il film segue l'impulso della disobbedienza infantile (o del buon senso delle nuove generazioni) come unico tentativo concreto di migliorare il mondo circostante La famiglia di Michele diventa un deferente ambiguo alla loro sconfitta. Forse Salvatores non ha modo di rimettere tutto in gioco ogni volta, ma si limita - e non è poco - a rileggere la mediazione tra lo spirito (un po' sadico) del gioco dei minori (penitenze sopraffazione fisica rispetto e timore dei leader inganno per un segreto rivelato) e l'altro gioco quello distruttivo ed arbitrario degli "sporchi affari" del mondo adulto. Il tutto soffocato dalla superstizione di una cultura contadina poco nobile e dai vaghi armeggi (cfr. lo stand del negoziante di città come il piccolo circo dello "spirito dell'alveare" delizioso poetico film sudamericano degli anni settanta) o nelle infinite metafore (quelle infantili delle favole, il bene e il male) o ancora delle credenze popolari più in voga (il pozzo come covo di un tesoro, come luogo di dolore e annientamento, ferita lacerazione inedia, ma anche come oggetto dei desideri da avverare) Quasi che il grottesco deforme e dolorosamente poetico di Ammaniti e un ritrovato, mai tanto espressivo e lirico, Salvatores rappresentassero all'unisono le affinità, il coniugamento esistenziale di Filippo e Michele davanti a scelte e situazioni diverse: è questo il miracolo del film, la sua capacità di costringere Michele a un volo mimato (proprio come quello del breve film di Salces), nel suo corpo incosciente e gracile benchè immortale, nella speranza che il volo resistuisca le ali a chi non ne ha: incombe, onnivoro e imprudente, nella vita di coloro che fanno della PAURA una scelta E questo supera di gran lunga una fotografia che a volte sublima il manierismo, perchè qui abbiamo ritrovato un'autore come se lo scoprissimo la prima volta. E' a piedi scalzi, come un ragazzino, corre inseguendo un obiettivo che non ha bisogno di Dalì realtà virtuali o viaggi reducisti per farsi valere
Sere90  25/03/2005 21:11:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ciao...Ma come mai fai ogni volta sti commentoni???Un giudizio o un opinione di poche righe...no??Impossibile eh. Va bè dai scherzavo,comunque una volta ci siamo "scritti" e mi hai detto che ti chiami Kowalski come IL BELLISSIMO nel "Tram"...poi ti ho chiesto se per caso ci assomigliavi ma....nessuna risposta. Lo spero per te...ciao...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  27/03/2005 01:39:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non ti avevo risposto? Beh mi spiace diciamo che vorrei essere Marlon Brando ... no scherzo non sono affatto male ma non ho certo il suo appeal, pero' non mi dispiaccio di sicuro Del film volevo assolutamente parlarne e tanto, magari un giorno trovero' il dono della sintesi (spero)
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  27/03/2005 01:39:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma tu forse assomigli a Vivien Leigh? mmh
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  27/03/2005 01:40:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' solo un username eh
Sere90  12/04/2005 22:39:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ehi Stanley, scusa se non ti ho più risposto ma...mi ero dimenticata a proposito di quale film ti avevo risposto! Cmq...sono l'opposto della Leigh...mora,occhi castani...non ho proprio niente di lei. Me la cavo,ma certo assomigliare a lei non sarebbe male...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  18/08/2006 22:48:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nono... è invecchiata presto e poi ha avuto una vita d'inferno... non vorrei assomigliassi a lei