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DON'T LOOK NOW - A VENEZIA UN DICEMBRE ROSSO SHOCKING regia di Nicolas Roeg

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Alpagueur     7½ / 10  05/11/2020 13:56:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Nicolas Roeg è stato sicuramente un maestro del montaggio. Durante il suo apice ha diretto una serie di film in cui le immagini sorprendenti sono state montate insieme in modo tale da avere un impatto sullo spettatore in modi insoliti. È questo audace uso del montaggio che contraddistingue davvero Roeg come stilista visivo. Con "A Venezia...un dicembre rosso shocking" (alias "Don't look now") queste abilità sono evidenti fin dall'inizio. In effetti, questo film, sopra tutti gli altri nel catalogo del regista, è forse il miglior esempio del suo uso sapiente di questa forma cinematografica per il massimo impatto emotivo. La storia di una coppia che perde la figlia in un incidente di annegamento e poi si trasferisce a Venezia per dimenticare, è piena di immagini ricorrenti che diventano pienamente significative solo con le visualizzazioni ripetute. Motivi come l'acqua, gli specchi e il colore rosso sono presenti ripetutamente in tutto il film. Acqua: la bambina dei coniugi Baxter (Lara e John) annega, lasciano l'Inghilterra in mezzo ad un acquazzone solo per trasferirsi a Venezia, la città sul mare; specchi: sono apparentemente ovunque, riflettono le emozioni dei personaggi, si rompono immediatamente prima dell'annegamento; rosso: sembra così prominente perché è usato con molta parsimonia, il colore rosso è quasi completamente rimosso dalla combinazione di colori del film a parte i lampi chiave di esso in determinati momenti, questo dettaglio stilistico non è ovvio ma se guardi indietro al film vedrai. Una delle caratteristiche più insolite di "A Venezia..." è il modo in cui presenta la città lagunare. Questa magnifica città non è raffigurata nella tipica moda da diario di viaggio. I monumenti famosi sono quasi inesistenti. I vicoli e gli edifici fatiscenti sono invece presenti ovunque. Questa Venezia fuori stagione è scarsamente popolata. Sembra un ambiente freddo e minaccioso, il che ovviamente si adatta perfettamente al tema del film. I labirintici corridoi della città rispecchiano i complessi meccanismi psicologici interni delle menti dei protagonisti. L'atmosfera è inquietante e il tono nel complesso è alquanto enigmatico. Il personaggio centrale, John Baxter, nega se stesso riguardo al suo dono della seconda vista. Gli indizi visivi in tutto il film predicono eventi che devono ancora venire, ma Baxter combatte ciò che teme sia vero; la sua spaventosa capacità di vedere nel futuro. Questo ovviamente si traduce in un finale indimenticabile e del tutto imprevedibile (uno dei più terrificanti che io ricordi per quanto concerne i gialli/thriller). Questo non è davvero un film per tutti per essere onesti. Il suo ritmo è lento e deliberato e riguarda più l'atmosfera che l'azione e il brivido. Anche la sua famosa scena di sesso può deludere molti perché non è molto erotica, più realistica e tenera. I suoi due protagonisti hanno una chimica incredibile e sono entrambi eccezionali in ruoli piuttosto complessi. Questa è una storia soprannaturale abbastanza adulta, molto stratificata e significativa. Un film che si presenta come un puzzle visivamente complesso. Molto inquietante il cambio di espressione nel viso del protagonista (da tranquillità e contentezza a improvviso sgomento e paura), alla fine, prima ancora che il killer si giri, quando si ricorda di aver già visto, e fotografato, in chiesa, senza volerlo (includendola nella stessa inquadratura), la cappottina rossa. Buone anche le musiche di Pino Donaggio e il soggetto scelto (l'omonimo romanzo di Daphne Du Maurier, anno 1972, modificato ad hoc), resta però troppo ambigua e secondaria la figura del serial killer, così come il movente (ma per uno psicodramma paranormale-orrorifico questi elementi non sono fondamentali).