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PSYCHO (1998) regia di Gus Van Sant

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Woodman     7 / 10  03/08/2013 16:35:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oramai lo sanno tutti, questo non è un remake convenzionale, ma un caso (riuscito) di fotocopia shot by shot di un film capolavoro. L'operazione si rivela piacevole ed interessante, giustificata dalla semplicità tecnica con la quale Hitchcock aveva realizzato un film divenuto un modello. I colori proposti da Van Sant sono forse la cosa migliore del film, fotografato in modo sublime. La scelta del cast è discutibile, e gli interpreti stessi sono diseguali: un Vaughn insolito e quindi apprezzabile che non raggiunge il livello di Perkins e nemmeno aggiunge sfumature al personaggio di Norman; la Moore che per forza di cose ha la stessa utilità (poca) della Miles; infine la bella Heche, totalmente diversa dalla Leigh ma che non (ri)disegna affatto male il personaggio. Altri due attori molto in voga nei '90, Macy e Baker Hall, come caratteristi. Certo c'è voluto del coraggio, e al talentuosissimo Van Sant non manca, ma è ragionevole chiedersi il perchè di tutto ciò. Come poi di fatto si sono chiesti tutti, motivando così il loro disprezzo per l'opera. A me piace leggerlo come un semplice omaggio al Maestro, che Van Sant ha messo in atto attualizzando il contesto e, cosa difficile e non del tutto riuscita, provando a mantenere distinzioni tipiche del suo cinema figurativo e minimalista, possibili motivi di confronto. La cosa "diversa" per la prima volta è che tutto è uguale. Uguali i set, uguali i movimenti di macchina, l'utilizzo delle musiche (manipolate da Elfman) e i dialoghi (attualizzati al '98).
Curioso.
Consapevole che non è l'unico esempio, mi sento di consigliarlo indicandone l'originalità, provando a dimenticarne l'(in)utilità e gustandolo in due possibili modi: 1) recependolo come prodotto di puro intrattenimento e 2) aprendo la mente e predisporsi ad un confronto ben strutturato, visionando il film più di una volta e percependo i cambiamenti avvenuti nella cultura popolare, nel mondo del Cinema e nel modo di farlo.
Resta da dire che Van Sant è un poeta della figura, e questo film ne è un'ulteriore testimonianza. Non è una ragione per vedere il film, comunque.