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TOKYO-GA regia di Wim Wenders

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jack_torrence     9 / 10  24/01/2012 15:04:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come dev'essere fatto un documentario creativo per essere davvero grande (questo è uno dei più belli della storia del cinema): non deve tradire l'approccio personale e deve partire dall'intento di indagare, scrutare la realtà, essere disposto a perdersi in essa.
Wenders è grandissimo quando quello che trova non corrisponde a quello che cerca, e - per quanto vagamente deluso, come in questo caso - sa meravigliarsi di quello che trova: non lo sminuisce, se ne lascia conquistare.
In questo è diverso l'approccio rispetto a quello di Herzog (punto di vista, quello di Herzog , con cui Wenders si confronta, lasciando, nel suo film, parlare per sé le proprie immagini): Herzog cerca quello che non si trova più: immagini mitiche, estreme, paradigmatiche, antirealistiche. Herzog crea mondi, Wenders - umile dove Herzog ambisce ad essere eroico - preferisce osservare. Herzog sostiene che per trovare immagini autentiche occorra ormai scavare come archeologi. Wenders documenta come la standardizzazione e l'alienazione stiano fagocitando l'autenticità del Giappone che ha mitizzato nelle immagini dei film di Ozu, ma mentre edifica un monumento al cinema di Ozu, non solo affida un fascino arcano alle immagini di una metropoli che si è sradicata dalle proprie radici, ma riesce anche a far emergere tracce residue di umanità nipponica in molti personaggi che popolano, anche se solo di passaggio, il suo film, i parchi pubblici.
Trova nell'operatore rimasto fedele a Ozu un esempio monumentale di dedizione e autenticità, e una commozione lancinante da pelle d'oca.
E lascia, con Tokyo-ga, una testimonianza di importanza pasoliniana, sulla mutazione antropologica e culturale dell'occidente tutto: coglie - nell' "immagine di Tokyo" le tracce epocali di quel cambiamento profondo che ha coinvolto tutte le civiltà del pianeta, con l'avvento della "globalizzazione" all'indomani della seconda guerra mondiale.
Ciò su cui Wenders qui lancia lo sguardo, e di cui lascia testimonianza, è l'evento socio-culturale più importante del XX secolo, la cui significatività è talmente importante per la storia delle civiltà da trascendere, probabilmente, gli stessi confini del secolo. Viviamo tutti, infatti, in un mondo profondamente riscritto e ridefinito - nelle sue immagini, nei suoi costumi e nella sua forma mentis - in una civiltà che aveva iniziato a ridisegnarsi nel profondo in quei 20 anni compresi tra la morte di Ozu e questo documentario, e il cui aspetto oggi si è ulteriormente specificato con l'avvento dell'era digitale.