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MARX PUO' ASPETTARE regia di Marco Bellocchio

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Mauro@Lanari     5 / 10  18/09/2023 10:33:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il gemello eterozigote del regista si suicida a 29 anni, 2 giorni dopo il Natale del '68, stritolato da due fideistici fondamentalismi, quello cristiano e quello comunista che sacrificano il singolo disinteressandosene o interessandosi evasivamente ad altro, forme autoinflitte d'accecamento per egoistico istinto di sopravvivenza. Le parole di Bellocchio e dei suoi fratelli sono pronunciate con feroce, cinico, indifferente, anaffettivo distacco: confessione corale carente di contrizione, razionalizzano discettando su quell'evento, sulle loro responsabilità e sensi di colpa com'in un comizio, la stesura d'un saggio, un'intervista mondana. La sorella Maria Luisa tace, Letizia s'esprime da sordomuta, sentimenti, emotività e commozione vengono relegati alla conclusiva unica scena fittizia, al successivo affastellarsi d'immagini e allo struggente minimalismo della musica d'Ezio Bosso, morto di cancro nel 2020 a 49 anni. Un mood greenawayano che giunge tardivo ponendosi col suo pathos esistenzialista al di là d'un'indagine in ambigua ricerca d'un'assolutoria indulgenza.
Mauro@Lanari  19/09/2023 01:08:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
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Il gemello eterozigote del regista si suicida a 29 anni, 2 giorni dopo il Natale del '68, stritolato da due fideistici fondamentalismi, quello cristiano e quello comunista che sacrificano il singolo disinteressandosene o interessandosi evasivamente ad altro, forme autoinflitte d'accecamento per egoistico istinto di sopravvivenza. Le parole di Bellocchio e dei suoi fratelli sono pronunciate con feroce, spudorato, indifferente, anaffettivo distacco: confessione corale carente di contrizione, razionalizzano discettando su quell'evento, su responsabilità e sensi di colpa com'in un comizio, la stesura d'un saggio, un'intervista mondana. La sorella Maria Luisa tace, Letizia s'esprime da sordomuta, sentimenti, emotività e commozione vengono relegati alla conclusiva unica scena fittizia, al successivo affastellarsi d'immagini e allo struggente minimalismo della musica d'Ezio Bosso, morto di cancro nel 2020 a 49 anni. Un mood greenawayano che giunge tardivo ponendosi col suo pathos esistenzialista al di là d'un'indagine in ambigua ricerca d'un'assolutoria pubblica indulgenza.