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ENNIO: THE MAESTRO regia di Giuseppe Tornatore

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Godbluff2     9 / 10  08/05/2022 10:46:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commovente e splendido omaggio ad Ennio Morricone da parte dell'amico e fedelissimo Tornatore. Del tutto agiografico, come ci si poteva aspettare, ma va bene così e poi che càzzo gli si vuol dire di male a Morricone ? Suvvia.
Tantissime testimonianze sul lavoro del Maestro e sull'universalità della sua musica e della sua influenza, dimostrata dalla varietà di artisti chiamati a dire la loro (per questo documentario o tramite spezzoni di vecchie interviste). Molto bello vedere un tale "range" artistico celebrare Morricone, non per nulla compositore di eccellente versatilità come confermato ulteriormente da questo film; i registi per i cui film ha composto le musiche (Montaldo, Bertolucci, Cavani, Argento, Joffè, vecchi filmati insieme a Leone e chi più ne ha ne metta), i musicisti che hanno suonato con/per lui, compositori classici, chitarristi jazz (Pat Metheny) musicisti di estrazione "pop" (Bruce Springsteen, Paul Simonon dei Clash, l'immancabile Gianni Morandi, uh) e i ricordi e le testimonianze per diretta esperienza di collaborazione (Edda dell'Orso -brividi- Joan Baez -brividi pure qui-) il tutto mentre le note morriconiane scorrono sulle selezioni d'immagini dei tanti film, molto spesso ottimi, buoni, capolavori, sempre ulteriormente nobilitati dalle sue composizioni. Sempre. Perché i film con musiche di Morricone partono sempre sul 2-0 per loro, anche quelli meno riusciti hanno questo fortunato bonus d'autore.
Inoltre, agiografico sì, ma non lascia da parte le molte contraddizioni e le amarezze di un artista tormentato per gran parte della vita da veri e propri dilemmi artistici-morali-professionali. Compositore di "musica per i film" e dunque traditore del mondo accademico che lo aveva formato ? Sottovalutato, severo spesso con la sua musica più "popoular", snobbato dall'accademismo cieco come sempre (in un certo senso, soprattutto da giovane si può quasi dire che lo sia stato lui stesso verso se stesso), defraudato dall'idiozia dell'Academy (l'incolpevole Herbie Hancock, tra l'altro, è un altro che ha suonato Morricone in concerto, lo sa pure lui che esser stato premiato con l'oscar al posto del Morricone di "Mission" è stata una stronzàta), costantemente diviso tra il lavoro di arrangiatore intelligentissimo di canzonette pop italiane anni '60 (alcune, delle perle della canzone pop come "Se telefonando", c'è da dirlo) le composizioni, molto varie ed eclettiche, sempre colme di esperimenti, invenzioni, idee non canoniche e mai banali, per il cinema e la composizione classica/accademica e persino d'avanguardia, con sperimentazioni "free" del suo Gruppo d'Improvvisazione Nuova Consonanza. Tanta, tantissima roba, una cascata, una valanga di roba. E spesso pure bella. Al di fuori delle composizioni filmiche, intendo.
Molto bello il contrastato rapporto col maestro Goffredo Petrassi, al quale il documentario da molta importanza e tiene sempre centrale, nel tempo. Il modo in cui la vita, le esperienze e le sensazioni di Morricone sono passate al setaccio dà profondità al personaggio e all'uomo, impressione rafforzata naturalmente da Morricone stesso, protagonista assoluto anche tramite le sue parole, i suoi gesti, la sua voce rotta spesso dalla commozione, dal ricordo, gli occhi lucidi. E poi il riconoscimento. Popolare, eterno e d'antica data, e accademico/critico, decisamente più tardivo.
Con questo documentario Tornatore riesce, tramite sintesi, a restituire sempre le emozioni da brividi di quelle musiche fuse assieme come un'unica cosa a quelle immagini, nei vari film. Grande lavoro di montaggio (vedi sopra nella scheda, i montatori sono stati giustamente premiati col David) in questo senso, riesce a ri-fondere musiche e immagini in un impasto comprensibilmente celebrativo, ci sono tanti momenti che tornano a commuovere ed esaltare come se si stesse davanti al film vero e proprio come sempre proprio e soprattutto grazie a sequenze esaltate dalle note morriconiane (vedi la parte su "Sacco e Vanzetti" vedi "Mission" vedi i due "C'era una Volta") oppure si mostra chiaramente l'eclettismo e l'originalità di certe partiture, certe invenzioni, certe idee (i film di Argento, "Allonsanfàn" dei Taviani, "I pugni in tasca" di Bellocchio ecc.)
Mai prima di lui le musiche di un film erano state capaci di "invadere" la diegesi di un film anche quando diegetiche non erano, di diventare narrazione stessa del film, una componente registica aggiuntiva. Mai, prima di Morricone e non tante volte dopo di lui, senza di lui. E anche nel selettivo montaggio di un documentario torna questa stessa sensazione, ogni volta.
Chiudo e dico la mia: alla fin fine, come compositore di colonne sonore per il cinema ha dato il massimo della sua carriera, perché è lì che ha unito in un compromesso perfetto il pop e l'avanguardia, la semplicità e l'invenzione geniale, il fischio orecchiabile e la musique concrete. Quando la musica diventa così assoluta e anche così bella e anche così funzionale, vuol dire che sei un compositore di livello superbo. Un dispensatore universale di arte musicale. E questo ad Ennio Morricone non glielo potrà negare proprio nessuno.
Il capolavoro ? Banalmente sceglierei "C'era una volta in America". D'altronde il Maestro soleva scegliere sempre strumenti dal suono che mi strappa l'anima in quattro (qui il flauto di Pan, di là in "Mission" l'oboe, poi le Voci di Edda o di Joan...).
Ovviamente c'è spazio anche per le musiche scritte per i film di Tornatore, che molto umilmente non si concede un millimetro di spazio in più rispetto agli altri, anzi. Tornatore è un testimone ammirato e grato, come gli altri, nulla di più, l'unico centro di attrazione resta Morricone.
Questo documentario spiccherà come oro nella filmografia di Tornatore.