caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

APOCALISSE NEL DESERTO regia di Werner Herzog

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
amterme63     8½ / 10  03/07/2008 22:52:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C’è documentario e documentario. Herzog non si limita a rappresentare delle situazioni attuali, ma spesso usa le immagini del reale per far riflettere su temi universali. La Natura come entità condizionante è sempre stata presente in tutti i suoi film. E’ la grande padrona della Terra e l’Uomo la può sfidare, ma difficilmente la può piegare. Le trasformazioni umane al corso “naturale” delle cose possono essere fonte di “ricchezza” o “progresso”, ma il più delle volte l’Uomo non è in grado di gestire il proprio potere tecnologico e allora la Natura si vendica, ritorcendosi contro chi l’ha violentata.
Non appena Herzog ha saputo del disastro ambientale provocato in Kuwait dagli Iracheni in ritirata, con l’incendio dei pozzi di petrolio, si è sentito come in dovere di andare a vedere e testimoniare come la Natura reagisca alle irrazionalità umane. Questo intento documentario, rivolto più che altro all’aspetto ecologico e naturalistico, lo si vede subito da come sbriga la pratica della guerra. Nessuna spiegazione, nessuna immagine di eserciti, violenza o sangue. Solo un’immagine notturna di Kuwait City illuminata dai traccianti luminosi (più suggestiva che inquietante) è l’unico documento diretto della guerra. Anche le immagini dei camion e delle armi abbandonate dagli Iracheni in fuga vengono quasi rese come un documento di riflessione filosofica o generale.
Il nucleo del film è la visione quasi apocalittica dei pozzi di petrolio in fiamme. Ciò che in genere produce ricchezza o benessere può trasformarsi in una rovina ecologica. Basta la stupidità umana ed ecco che un ambiente viene completamente stravolto. Laghi e torrenti di petrolio, fiamme infernali, fumi mefitici, insomma dappertutto solo veleno e morte. Le immagini sono molto eloquenti e impressionanti. Ad accentuare l’aspetto quasi metafisico delle immagini vengono accompagnate dai versi dell’Apocalisse e da splendide musiche classiche. Herzog, in questo film, però non riesce ad evitare quasi un gusto estetico nelle riprese del disastro. Le riprese dall’alto in panoramica, i colori vivissimi, i contrasti cromatici, colpiscono e affascinano l’occhio. Chissà se questo risvolto estetico è stato voluto o no.
Gran parte del film è dedicata agli sforzi per poter fermare il disastro. In effetti gli uomini, oltre a distruggere, riescono anche a riparare. Si fa comunque capire che non è certo per il disastro ambientale che si interviene, si cerca piuttosto di recuperare allo sfruttamento il petrolio. Quello che conta è fare in modo che si possa subito utilizzare e commercializzare l’oro nero, poi alla bonifica ambientale ci si penserà.
Questo puntare di Herzog sui disastri ambientali e umani (vengono mostrati gli strumenti di tortura e raccontate scene di violenza) e non sulla ricostruzione e il nuovo ottimismo, fece sì che i kuwaitiani non vedessero di buon occhio il lavoro del regista e alla fine gli intimarono di lasciare il paese. Questo testimonia ancora una volta l’impegno e l’efficacia di Herzog nel rappresentarci e descriverci le “follie” umane.