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DON'T LOOK UP (2021) regia di Adam McKay

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Godbluff2     6½ / 10  26/02/2023 16:29:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Don't Look Up" è il film nel quale a McKay è concesso di fare le cose davvero in grande.
Grande è il cast, visto che qui c'è la crema recitativa di diverse generazioni di attori e attrici; grande è il budget, quantomeno il più corposo a sua disposizione fino a questo momento; grande l'ampiezza tematica del racconto, di caratura "Galattica" più che mondiale; grande è l'esposizione e la promozione concessa al film; grande è la messa in scena realizzata da McKay. Tuttavia, non sempre le opere migliori escono fuori facendo semplicemente le cose più in grande rispetto a prima.
Purtroppo a me "Don't Look Up" ha deluso; non una delusione cocente, bensì una che mi aspettavo di ricevere, una che temevo.
Lo temevo perché quando è Netflix a metter le mani sulla distribuzione di un film che si pone di essere una commedia satirico-apocalittica allora il dubbio che la forza della sua proposta debba essere stata annacquata attraverso il torrente di paletti direttivi viene; ma, al di la di quale possa essere stato il motivo, il problema è che questa commedia satirico-apocalittica, per quello che è il mio gusto e punto di vista, non graffia. Non Graffia, maledizione.
McKay abbandona il racconto di un evento storico o il film biografico e sceglie invece una storia originale con l'obbiettivo di satireggiare la sempre più sciagurata civiltà umana, sempre più de-umanizzata dalla soffocante dipendenza dal mondo ultra-frenetico/ultra-finto-sociale e tecnologico da lei stessa creato, fino a restare quasi del tutto indifferente alla propria imminente estinzione o non riuscendo a far di meglio che trasformarla in uno spettacolare show mediatico stracolmo di ipocrisie e dimostrazioni di imbecillità dove il reale supera di gran lunga il surreale.
Ottime le premesse, meno la realizzazione nei fatti. Forse perché l'ho trovato fin troppo "generalista" nell'esporre alla berlina un'enorme quantità di carne al fuoco e, quindi, senza mai riuscire a cuocerla del tutto, questa promettente bistecca, annacquando spesso critiche e comicità per costruire un film che non ha abbastanza forza da arrivare con contenuti davvero solidi alle due ore e mezza di durata; insomma, l'ho trovato davvero pesante, un film che vorrebbe dire tantissimo ma in realtà non ha abbastanza da dire né ha, o gli è stato concesso, il giusto mordente per farlo.
Poi certo, ci sono cose che dipendono molto da me: sono per carattere e scelta molto lontano dal "mondo social" e non riesce a non urtarmi l'ossessiva e parossistica esibizione del suo lato più folle e fanatico né sono riuscito a togliermi l'impressione molto fastidiosa che, nonostante il teorico obbiettivo satirico, tutta questa esibizione di modernità giovane d'interazione mediatica-social(esca) finisca per essere solo un rafforzamento di questo status sociale; paranoie mie, più probabilmente. Tuttavia è vero che tutta la satira e le critiche pungenti verso l'estrema deriva della nuova socialità umana del terzo millennio d.C. (dopo Coso) a me sono sembrate, in realtà, del tutto innocue, accettabili e integrate all'interno di un sistema di normale auto-parodia della nostra società che non aveva bisogno di un film così per mettersi in scena e che anzi spinge il successo di questa parodia perché tanto non c'è nulla che la costringa veramente a riflettere su se stessa.
Non c'è, in "Don't Look Up", un vero spunto di riflessione, una puntura costante e dolorosamente divertente, non c'è nulla che per quanto mi riguarda non fosse già scontato, ovvio, lapalissiano prima della visione, non ha idee davvero brillanti e non apre strade di satira interessanti come avrebbe potuto, ovviamente nell'ambito di quello che sarebbe sempre rimasto un intrattenimento cinematografico di classe, sia chiaro. E tutto questo in realtà me lo aspettavo (da Netflix) e non ne sono rimasto stupito.
Ahimè non mi ha mai, proprio mai fatto ridere, solo sorridere qualche volta. Gli manca l'ispirazione "comica" ma è carente anche del coraggio mostrato da McKay nei suoi due film precedenti, tanto nella messa in scena e nelle idee narrative/meta-narrative di regia e di montaggio (anche qui sempre del solito fedelissimo Corwin) quanto nell'esposizione critica del materiale narrativo. Tutto questo dunque lo rende anche un film annacquato e parecchio pesante nel ritmo e nel coinvolgimento, per quanto mi riguarda.
Naturalmente, McKay riesce a realizzare alcune sequenze memorabili, ci sono dei dialoghi o dei passaggi riusciti, qualche guizzo più brillante nelle due ore e mezza lo si trova, certo e, soprattutto, gli attori sono meravigliosi-e grazie ar càzzo-visto che sono tra il meglio del meglio a disposizione per il cinema americano: Di Caprio, Lawrence, Streep, Blanchett, Hill e via così. Nessuno di loro è meno che ottimo qui dentro, come ci si aspetta da loro. Le prove degli attori sono la cosa migliore di un film che mi da l'idea di un prodotto anche simpatico, intendiamoci, le satire sull'imbecìllità umana sono sempre bene accette, ma che pare un vecchio centenario sdentato, benvoluto e accettato proprio per questo da quelli ai quali urla contro. Spero McKay ritrovi quel genuino coraggio narrativo, ma anche quel gustosissimo senso del ritmo di due filmoni come "The Big Short" e "Vice", questo mi è piaciucchiato ma molto, molto meno.