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MARIANNA UCRIA regia di Roberto Faenza

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JOKER1926     9½ / 10  08/01/2021 23:35:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Decretare la grandezza di un film non è mai un processo scontato, ancora più difficile è stabilire la perfezione di un'opera.

"Marianna Ucria" di Roberto Faenza, stringe al cospetto della sua identità entrambe le cose, questo del 1997, è un film che si avvale di tutte le armi più pesanti per la rappresentazione, fra l'immensità e la più aurea compiutezza.

[La sanguinosa constatazione circa "Marianna Ucria" risiede, essenzialmente, nel fatto che questo prodotto sia stato letteralmente abbandonato e dimenticato da tutti. L'unico riconoscimento di prestigio è dato dai premi del David di Donatello.
Nel concetto di arte sublime, però, appuriamo anche un altro cruciale fattore: l'arte non può appartenere a tutti.]

"Marianna Ucria" infatti ha le stigmate del film che si innalza istantaneamente a Capolavoro, la storia trasporta lo spettatore nel contesto siciliano del settecento, i personaggi dell'opera di Faenza sono impelagati in un rigido e barocco contesto sociale d'altri tempi, nel nome di una mentalità a fortissime gradazioni patriarcali.
Il contesto è portato in auge con una forza espressiva madornale, lo spettatore è lanciato in un circuito d'atmosfera incommensurabile e metafisico. La sequenza iniziale della condannata a morte, offre un disegno di remote atmosfere siciliane, sembra di essere lì, "Marianna Ucria", sotto questi aspetti, funge da precisa macchina del tempo. Il pubblico non vede la scena, ma è nella scena.
In questo spaccato storico nasce e vive la giovane Marianna, ragazza sordomuta ma dall'incredibile talento e innata cultura.
Nella stratificazione/gerarchia di una famiglia siciliana, Marianna è la sola a differenziarsi dal gruppone, in ella alberga un forzato e assordante silenzio. Sono poche le figure che concepiscono/carpiscono Marianna, in primis troviamo la figura della nonna e del nonno.
Il plot di Roberto Faenza è molto chiaro, il film non può non partire da un'illustrazione sociale e mentale di una ridondante e trasversale società: schiavitù di uomini, matrimoni accelerati e maschilismo.

La forma dell'opera è di quelle che travalicano qualsiasi concetto temporale, la scenografia e i costumi fanno di "Marianna Ucria" (anche) un fedelissimo ritratto/documento storico. La fotografia tratteggia il resto, coadiuvata, da un gioco coreografico di terminale fattezza. Nasce un'osmosi dal sapore gotico e ampolloso che cristallizza in maniera ideale le intenzioni della stessa messinscena.
E' proprio nella messinscena la prima grande esattezza del film, l'arte accompagnata da un spettacoloso e insuperabile lavoro musicale, consente ad ogni singola sequenza di essere poesia; ogni fotogramma del film, potrebbe essere un quadro da salotto dell'anima.
Il cast selezionato dona prove oltre la media, Emmanuelle Laborit è l'attrice che interpreta la protagonista da grande, ed è anche quella più importante.
Laborit è alle prese con un personaggio non semplice, se la prima Marianna soffre da bambina, quella dell'attrice è invece l'ultima versione umana di Marianna, aumenta il dramma perché aumenta la maturità e la consapevolezza della mente.
Tra gli altri attori, rammentiamo Roberto Herlitzka, prova secca, sofferta e decadente.
Il primo verdetto circa l'analisi "tecnica" offre un responso netto e senza repliche, "Marianna Ucria" è uno dei massimi affreschi cinematografici, fra immagini e musica, della storia italiana.
Sul fronte del contenuto, il film probabilmente si spinge persino oltre.
Quella di Marianna Ucria è un'immagine dotata di una irrefrenabile empatia, crea un misticismo in scena. In ambito cinematografico una tale icona è paragonabile a poche altre, in un discorso di parallelismi possiamo rammentare le donne di "Sussurri e grida", "La fontana della vergine" e "Agnese di Di0." Il parallelismo da noi proposto non è banale, visto che questi film citati fanno parte dell'élite del Cinema di tutti i tempi.

Il film di Faenza è un'antologia artistica di varietas, avvertiamo in questa produzione il tecnicismo delle grandi messinscene come "Barry Lyndon" e di altri film di grandissimi cineasti. La scena qui, a differenza di alcune operazioni furbe e retoriche, coniuga la propria magistrale classe visiva al servizio di una profondità umana che francamente, non abbiamo (quasi) mai visto altrove.

Le tematiche affrontate in "Marianna Ucria", fra illuminismo, sentimenti e lettere, dirottano la pellicola verso un intellettualismo cinematografico che diventa, in maniera indeclinabile, materia trascendentale.