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LA CURA DEL GORILLA regia di Carlo A. Sigon

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RudyGonzo     6½ / 10  04/02/2006 23:27:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo decenni in cui il cinema di genere in Italia ha colpevolmente latitato, in favore di “generi” meno riconosciuti come tali, ma altrettanto codificati (il “genere” Film d’Autore, di introspezione socio-cultural-politica fatto maluccio, il “genere” commedia burina di Natale, il “genere” riciclo di comici tivù, etc.), questo suo timido tentativo di ritorno sulle scene di inizio millennio non può che essere accolto positivamente.
E in questo la banda Colorado (Salvatores, per intenderci) sembra avere le idee abbastanza chiare, già espresse – un po’ a stento per la verità – con “Quo vadis, baby?”, poi con la pubblicazione di una serie di romanzi – passibili di trasposizione, e comunque veicolo di traino per un eventuale film - per arrivare ora a “La cura del Gorilla”. Film che, almeno sulla carta, sembrava avere tutte le caratteristiche per sfondare, finamente, ma che invece resta un po’ fermo al palo dell’operazione forse troppo costruita a tavolino.
La partenza è un romanzo di successo di Sandrone Dazieri, qui anche co-sceneggiatore, che, almeno nella sua versione cinematografica, sembra mostrare quale sia il suo lato più debole: l’eccessiva sudditanza con gli stereotipi e i luoghi delle detective-story americane, con tanto di voce fuori campo d’ordinanza. E, purtroppo, al contrario di quello che succedeva con gli spaghetti western o coi poliziotteschi, la partenza collocata in un immaginario d’importazione non sembra lasciare spiccare il volo ad una storia “nostra”. E’ vero che l’ambientazione è italiana, ma quello che poteva essere un terzo protagonista, rimane in realtà sullo sfondo. Se non ci venisse detto che siamo a Cremona, e non venisse inquadrata la facciata del Duomo, potremmo essere a Detroit o nei bassifondi di San Francisco, con squallidi appartamenti, localacci di lap-dance, edifici industriali abbandonati, pompe di benzina in notturna e quant’altro. Non c’è nulla di italiano nell’essenza del film, e non ci porta dalle nostre parti nemmeno il richiamo agli sbarchi di albanesi o all’immigrazione clandestina, anche perché il succo è poi uno squallido giro di prostituzione, valore tristemente universale. Né serve la leggera deriva alla Salvatores d’epoca, che vuole tre dei protagonisti legati da un comune passato di militanza studentesca e oggi divisi dalla vita (un guardaspalle, un hacker, un commissario), riuniti a rivangare i bei tempi passandosi una canna.
Intendiamoci: il film ha molte cose positive. Il personaggio di Bisio/Gorilla è un’interessante variazione sul tema dell’antieroe pulp, con la gustosa variante dottor Jekill/mister Hide dovuta ad una seria forma di schizofrenia con relativo sdoppiamento di personalità, che Biso affronta abbastanza bene, anche se con la sensazione che avrebbe potuto lasciarsi andare un po’ di più; il personaggio di Ernest Borgnine, che, d’altronde, con quella faccia può fare quello che vuole (e devo dire che quando è in scena lui, c’è solo lui); il personaggio di Catania, Giò Pesce, specie di caricatura di Joe Pesci che fa la caricatura dell’italoamericano. Poi, il solidissimo impianto visivo dovuto alla regia di Sigon (“esordiente” di quarant’anni, ma in realtà pubblicitario di razza) e alla fotografia di Masiero.
Occasione sprecata invece per le musiche, che sono belle, ma vittime dell’eccesso di citazioni e richiami (dal Morricone dei western alle atmosfere tarantiniane), che le rende alla fine esasperanti.
E altrettanto dicasi per lo sviluppo della trama, che è di quelle dove l’indagine cresce fino ad un certo punto, e poi c’è qualcuno che ti spiega a voce il resto.
Concludendo, cento minuti di intrattenimento abbastanza spensierato, a cui, purtroppo, non chiedere molto di più.
maremare  05/02/2006 00:32:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ottimo commento

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RudyGonzo  05/02/2006 12:03:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie. Sto scoprendo che scrivere delle specie di recensioni aiuta a riflettere sui film (bella scoperta, dirai tu). Percui sto cercando di trovare il tempo per farlo.
Per quanto riguarda "Quo vadis, baby?", devo ammettere che mi sono fermato alla prima lettura... Non mi aveva convinto soprattutto la sceneggiatura, troppo letteraria e macchinosa, e poco cinematografica.
E non avendomi coinvolto per niente la prima volta, non ho ritenuto meritasse un'ulteriore visione, nonostante Salvatores lo consideri uno dei pochi "veri" registi in circolazione sul Patrio Suolo ("Io non ho paura" e "Denti" li ho trovati veramente belli, per esempio).
Prometto di riguardarlo se capiterà.

maremare  06/02/2006 01:31:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
e poi votarlo ;)