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BARDO, FALSE CHRONICLE OF HANDFUL OF TRUTHS regia di Alejandro Gonzalez Inarritu

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Filman     8 / 10  14/01/2023 11:57:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si può dire più o meno qualunque cosa di questo film, tanti sono i pori e le cavità che un'opera così lascia aperti.
Si può dire che il frullato di stili e registi non sia minimamente alla portata del regista.
Si può dire che l'interferenza di scene didascaliche in un apparato espressionista rovini l'esperienza.
Si può dire che molte cose sanno di già visto, nei riguardi di chi il cinema surrealista lo fa da una vita.
Si può dire che il film intero non abbia senso o direzione o che non parli di niente.
Si può dire che ci sono troppi dialoghi.
Però ci sono alcune cose che non si possono cancellare.
Innanzitutto BARDO, FALSA CRONICA DE UNAS CUANTAS VERDADES è il racconto di sé stesso, della percezione di sé stesso e dell'idea altrui di sé stesso. Che il sé stesso sia vuoto o poco interessante non può e non deve inficiare sulla buona volontà di mettersi a nudo e sotto analisi: Alejandro Gonzalez Inarritu è il primo che sa di essere un regista macchiettistico, finto-intellettuale, imborghesito e non un creativo traboccante di idee e neanche colui che sa creare un film ideale. Ma è proprio questa consapevolezza di sé e il tormento che si porta dietro ad alimentare la sua arte.
Dopodiché non si può far finta di non vedere le tante trovate visive, che in realtà non sfigurano così tremendamente accanto ai grandi registi metafisici del XXI secolo, e che sono: ben dirette, suggestive, skippano tra di loro con grande efficacia e varietà e spesso conquistano l'effetto sogno che vorrebbero avere.
Tra le principali fette di personalità che fuoriescono automaticamente da questa pseudo-autobiografia, oltre a quella del regista (artista o forse no) e del padre di famiglia, troviamo quella di un uomo tirato in modo indolente dall'appartenenza di nazionalità che gli chiedono di esserne bandiera o che gli chiedono di essere un uomo di mondo. In questo vivere ibrido e consciamente finto, che trasmette al film e in generale al suo cinema, si interfaccia con la sua unica e nota visione del Messico, di cui ne è un orgoglio pur non conoscendolo sul serio.