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IL BOEMO regia di Petr Václav

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JohnRambo     6 / 10  03/04/2023 18:38:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A mio parere, una notevole occasione sprecata.

Gli eventi in successione, fra l'altro di difficile intellegibilità, sono appiccicati con il nastro adesivo. Nessuna cura verso chi guarda il film ovviamente, chi ha scritto la sceneggiatura non si è chiesto come motivare la visione del film stesso, davanti ad un pubblico "vasto". A giudicare dal numero di recensioni qui, il fatto che nessuno si sia curato di scrivere qualcosa prima di me è quanto mai esito della modalità in cui gli autori hanno deciso di filmare momenti della vita di Josef Myslivecek.

Di fronte ad un autore come lui, gran maestro della virtuosità canora ispirata ai versi perfetti di Metastasio, compositore italiano fino al midollo benché, appunto boemo di origini ("il divino boemo" lo chiamavano), sarebbe stato necessario spiegare perché sia stato ritenuto degno di una descrizione cinematografica. E non parlo di una presentazione con voce narrante, ma di un modo ingegnoso con cui un film del genere, sulla falsariga di "Farinelli", si sarebbe potuto inserire fra le pieghe di un pubblico più ampio di qualche appassionato, per far capire l'eccezionalità della sua vita.

Ovviamente c'è di poi di mezzo Mozart. Li fanno anche incontrare, per pochi minuti, Mozart e Myslivecek, ma in un modo che non chiarisce il senso dell'influenza del secondo sul primo, se non nel fatto che, ad un certo punto il bambino, che a malapena capisce l'italiano, si mette a strimpellare una sinfonia del boemo e la trasforma nell'introduzione ad una delle sue opere italiane della giovinezza, il "Mitridate". Ma non c'è nulla nel dialogo fra i due che faccia capire la visione, l'idea di opera d'arte che sicuramente era nella testa del boemo, compositore maturo ed artista internazionalmente riconosciuto, e ovviamente non poteva ancora esistere in quella di un bambino.

Un passo che invece mi ha colpito positivamente è quando il protagonista legge la lettera di una delle sue amanti-protettrici, che lo invita ad indagare meglio i segreti dell'animo dei suoi personaggi operistici, scrivendo musica più "passionale". Qui lo spettatore comune penserà che il rifiuto di quelle parole derivi dall'impossibile amore per quella donna, ed in parte coglierà il vero, perché l'impossibilità di cedere alla passione, per tutti gli autori di libretti e di musica di quel periodo era compensata dal superamento di sé stessi attraverso la ragione, di qui si comprende appieno perché egli ne rigetti quei suggerimenti con sdegno.

La regia nell'insieme mi è piaciuta poco: Venezia, Napoli, città straordinarie e sempre questi campi di ripresa stretti sui protagonisti, non si capisce se gesticolino o si muovano e dove si muovono. Poi scene ridicole, quella col re di Napoli al quale avrebbero potuto far dire cose ben più significative.

Infine, la musica. Dov'è la musica? All'inizio si vede una cantare per cinque minuti, poi silenzio. E' la musica che doveva guidare questo film, invece luoghi rigorosamente chiusi, sempre pochi intimi, in un mondo che invece, letteralmente, venerava Josef Myslivecek e ci fu un periodo in cui si faceva a gara per averlo nei teatri. Finì male la vita, perché come tutti gl'irrequieti finì col prendersi una seria malattia venerea che lo fece lentamente a pezzi. Finitagli la forza, morì, solo e dimenticato, come altri prima e dopo di lui.