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GANGSTER STORY regia di Arthur Penn

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jack_torrence     8 / 10  17/01/2012 18:41:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il tempo è stato ingeneroso con questa pellicola che rappresenta la pietra miliare del passaggio dalla Hollywood "classica" alla "new hollywood" degli anni '70. La confezione formale del film risente tantissimo del tempo, in un "genere" (come lo chiamiamo: poliziesco, noir, gangster?) che è secondo forse solo al genere fantastico, nell'esser soggetto a invecchiamento. Parlo di pesantezza del mezzo (lentezza dei movimenti di macchina, ridotto uso dei dettagli), di moduli recitativi (che appaiono oggi antinaturalistici, quasi teatrali). E' però un'esperienza a suo modo molto bella assistere a un film così moderno nell'approccio alla storia, in una veste stilistica così vintage, così appartenente - ancora - ai suoi anni: se si possiede un po' di immaginazione, e una buona prospettiva sulla storia del cinema, si può ancora avvertire quasi intatta la potenza e il fascino che questo film doveva esercitare nel 1967. Detto banalmente, la questione è tutta lì: non si era abituati a vedere il male dalla parte dei malviventi, non si era abituati a vederne la solare umanità, né a parteggiare per loro contro le forze dell'ordine.
La carica eversiva (e più in generale, liberatoria) di questa pellicola sono evidenti, anche se oggi ha perso intensità. "Il padrino" era dietro l'angolo, con tutta la sua ulteriore modernità stavolta anche stilistica: tuttavia "Gangster story" ha una qualità che i film a venire non possiedono. Si tratta di quel sentimento delicatissimo di ingenuità e di candore che la coppia di protagonisti trasmette - che tanto deve alla nouvelle vague, a Godard e a Truffaut (per la cui regia il film era stato pensato): fino al finale, asciutto e così tanto struggente, che sa di innocenza violata, di sogno tradito, di utopia infranta. E' la violenza dell'ordine costituito, la furia cieca di un paio di baffi da sceriffo: è il riflusso già presagito.