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IL GRIDO regia di Michelangelo Antonioni

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frine     8 / 10  14/11/2006 01:22:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Forse il più 'neorealista' tra i film di Antonioni, "Il grido" venne da più parti criticato perché attribuiva ad operai e sottoproletari della bassa padana quelle nevrosi e angosce che si credeva fossero esclusivo appannaggio della classe borghese (poi rappresentata dal regista nei più fortunati film degli anni successivi).
Nulla di più sbagliato, perché (purtroppo) miseria e degrado non sono mai stati un riparo dalla depressione, a torto creduta un 'lusso' per ricchi annoiati.
Aldo (Steve Cochran), operaio di uno zuccherificio a Ferrara (la patria di Antonioni), dopo sette anni di convivenza con Irma (Alida Valli), da cui ha avuto una figlia, scopre che la donna non lo vuole più. Inizia per Aldo un'odissea tragica e frustrante, alla ricerca di un nuovo lavoro e di un'altra donna che possa occuparsi di lui e della bambina.
L'uomo è molto attraente e le occasioni gli si offrono a ripetizione. Ma la sua mancanza di fiducia in se stesso, unitamente all'ossessivo ricordo di Irma, trasmettono insicurezza alle sue amanti, che di volta in volta lo lasciano andare via. Alla fine, Aldo si ritrova a mendicare un lavoro in una baraccopoli, dove cerca di offrire un po' di affetto alla bella Andreina (Lynn Shaw), che però lo delude continuando a prostiituirsi.
Il ritorno a Ferrara e la vista di Irma, che ormai si è rifatta una famiglia e ha conquistato un certo benessere, produrranno su Aldo un effetto esiziale.
Il percorso psicologico dell'uomo, sino al ritorno allo zuccherificio e alla folle quanto determinata ascesa sulla scala fatale, è raccontato in modo ineccepibile. Anche se Aldo, avvolto nel suo inafferrabile riserbo, non proferisce parola, il "grido" resta comunque suo. Lo stesso "grido", ossessivo e lacerante, di Ervard Munch, che silenziosamente dilania l'anima di chiunque abbia visto il dipinto.
Si può osservare (ma questo era un difetto comune alla cinematografia del tempo) che la condizione di degrado dei personaggi è rappresentata un po' approssimativamente, e che non basta spargere un po' di olio sulla giacca di Aldo o sul bellissimo cappottino dell'elegante Andreina per fare di loro dei sottoproletari credibili (più convincente l'assonnata Dorian Gray nel ruolo della bella benzinaia). Ma in fondo si tratta di dettagli, ben mimetizzati dalla nebbia implacabile e dalle piogge insistenti di una pianura padana inospitale e impietosa.