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I CENTO PASSI regia di Marco Tullio Giordana

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amterme63     9 / 10  29/11/2007 22:24:46 » Rispondi
Decisamente un bel film, per il tema e per le tecniche usate; magari qualche riserva o qualche perplessità si può avere sullo svolgimento e sulla recitazione.
Onore a Giordana per aver consegnato alla memoria collettiva una storia esemplare su di un grande e raro cittadino siciliano e italiano; un esempio per tutti. Ci vorrebbero cento mille Peppino Impastato in ogni città d’Italia; persone dotate di coscienza lucida e disinteressata che si prendano l’onere coraggioso e autolesionista di svegliare l’opinione pubblica, il comune cittadino, sui mille soprusi e inganni che si perpetrano quotidianamente a suo danno, in termini economici e sociali. Un’impresa disperata condotta quasi da solo contro tutti, con costanza e fermezza fino in fondo, senza mai mollare: questo è ciò che fa di Peppino Impastato un piccolo grande eroe della libertà e della democrazia. Grazie a questo film non ce lo dimenticheremo mai.
La storia si sofferma di più sul travaglio interiore e familiare del protagonista piuttosto che sulla società e il mondo che lo circondava. Rimane il mistero di come Peppino possa essere diventato così, nonostante l’ambiente in cui è vissuto. Del resto neanche chi lo ha conosciuto riesce a spiegare questa specie di “miracolo”. Peppino sembra essere nato così: libero, ribelle e coraggioso. La sua era una figura carismatica che riusciva a trascinare gli altri. Anche se osteggiato da tutti, con il suo idealismo è riuscito comunque a intaccare l’aura di rispettabilità e formalismo con cui si presenta pubblicamente la mafia. E questo un potere “forte” difficilmente lo può sopportare.
Quello che salta agli occhi è il fatto che la mafia non viene assolutamente rappresentata e anche la gente di Cinisi è solo accennata di sfuggita. Si fa affidamento sull’idea acquisita che ormai ha l’opinione pubblica sulla mafia e sulla società siciliana. Non c’è bisogno di dire o far vedere, si sa che è stato Badalamenti; si immagina cosa possa avere pensato e deciso. Allora era come se la mafia non esistesse e il regista ha scelto questa strategia del tenercela “nascosta”, anche se la si intravede nei discorsi arroganti di Tano. Tutta l’attenzione del film è infatti focalizzata sul lato politico e psicologico del protagonista.
Allora ciò che colpisce e prende è il travaglio familiare di Peppino. Le pagine più belle del film sono quelle quando il padre, la madre, il fratello denudano il loro cuore e riescono a trasmettere tutta la forza del durissimo conflitto fra diritti individuali e legami sociali (come quello sacro e fortissimo della famiglia). Si capisce che Peppino è stato una specie di apripista, che il suo sacrificio non è stato inutile, che le coscienze si sono smosse. Questo è tutto quello che un idealista può fare.