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L'ORA DI RELIGIONE regia di Marco Bellocchio

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kafka62     5 / 10  25/03/2018 19:19:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anche se "L'ora di religione" non è velleitario ed irritante come i film dell'epoca del sodalizio con lo psicanalista Fagioli (ad esempio "La visione del sabba" o "La condanna"), esso è pur sempre un film farraginoso, confuso e artisticamente irrisolto. A tratti sembra quasi surreale e slegato da ogni logica narrativa (la scena del duello), in altri momenti è invece percorso da figure che hanno un fumoso e scarsamente decifrabile valore simbolico (la ragazza di cui Ernesto si innamora, forse una incarnazione laica della Grazia), mentre la vena polemica e antireligiosa del regista è affidata a situazioni e personaggi ben poco verosimili (l'interrogatorio con il cardinale che avviene in una mensa per i poveri, i familiari del protagonista, tutti quanti ipocriti e opportunisti) e ad affermazioni puerili ("la fede è come un'assicurazione sulla vita"): Insomma, verrebbe quasi voglia di dare ragione ai cattolici integralisti che hanno violentemente osteggiato il film di Bellocchio, se non fosse per il fatto che la sequenza più chiacchierata, quella della bestemmia, è forse una delle poche che esprima una dolorosa e sofferta intensità. Peccato anche per Castellitto, che dà al personaggio di Ernesto, con i suoi sorrisi sardonici e il suo comportamento anticonformista (riassumibile nell'idea che "non si può dire che non si crede e poi seguire il gregge"), connotati complessi e ricchi di sfumature. Se i suoi parenti non fossero tutti, senza eccezione, così cinici ed arrivisti, se la percezione di un complotto ordito alle spalle del protagonista non raggiungesse livelli da paranoia, se l'ambiente della Chiesa non fosse trattato in maniera così sciatta e convenzionalmente anticlericale, se alcuni personaggi non fossero da burletta, "L'ora di religione" sarebbe una interessante riflessione sul sacro e sulle ragioni della fede. Invece, a dispetto delle sue ambizioni, deve accontentarsi di essere una analisi, neppure troppo originale, della famiglia come nido di vipere e mero centro di interessi materiali, al confronto della quale valgono certo di più, a livello visivo, alcune solitarie suggestioni presenti qua e là, come ad esempio l'immagine del volto spaesato di Castellitto di fronte al ritratto gigantesco della madre che lo sovrasta.