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AI CONFINI DELLA REALTA' regia di John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante, George Miller

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Invia una mail all'autore del commento Alan Wake     7½ / 10  20/12/2013 21:36:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Omaggiando e riproponendo sul grande schermo la serie TV dalla grandissima fama "Ai confini della realtà", Landis, Spielberg, Dante e Miller dirigono 4 storie, ripercorrendo lo stesso stile della serie e pescando da essa quattro episodi (tra i più rinomati) riproponendoli con quattro, altrettanto buoni, remake.

Il capitolo di Landis, "Time Out", affronta l'incredibile e allucinante viaggio di Bill Connor, un uomo di mezz'età razzista e discriminatore, nei panni di tutti coloro che, nella sua ignoranza ed inciviltà, vedeva come nemici: inizierà col vestire i panni di un ebreo nel periodo fascista, dove dovrà fuggire dalle giubbe nere delle SS; passerà successivamente al cospetto di un gruppo di adepti del Ku Klux Klan, che lo accuseranno di essere un nero e dove sarà minacciato di morte per impiccagione; infine diverrà un Viet Cong nel pieno della guerra contro gli USA.
Aprendo la puntata esprimendo le sue ignobili tesi razziste contro ebrei, neri e vietnamiti, l'uomo dalle poche virtù (un ottimo Vic Morrow), che ha vissuto il suo incubo peggiore come un fuggiasco, chiude il sipario tra le urla strazianti di una lezione dura e miserabile.
La trama, semplice ma di una distinta qualità narrativa, sfocia in un pretesto accusativo nei confronti di un tema attuale ed importante. In questo caso ad elevarsi è l'originalità e la bellezza intima della storia, mentre rimane a terra una messa in scena scarica e senza sostanza, che non affascina e non coinvolge, e che rende questo episodio, a livello di intrattenimento, probabilmente il peggiore dei quattro.

"Il gioco del bussolotto", diretto da Spielberg, ripropone l'incantevole storia del signor Bloom e degli anziani della casa di riposo: appena impiantata loro la voglia di ritornare a provare quelle emozioni meravigliose e magiche che solo lo spirito libero, felice e creativo di un bambino può provare, l'enigmatico uomo esaudisce il loro desiderio, facendoli tornare ragazzini per una notte. Dopo aver colmato quel senso di infinita nostalgia, tornano a capire, così come affermerà il sig. Bloom (recitato benissimo da Scatman Crothers, il custode di Shining), che lo spirito infantile può essere importante se lo si prova vivamente nel proprio animo, e che può essere più forte di qualsiasi età. A questo punto gli anziani possono tornare ad essere vecchi, ma giovani dentro.
L'episodio, il più commovente e leggero, è eretto interamente da Spielberg, sia per quanto riguarda l'ottima regia, che sfrutta un'immagine nitida per raccontare uno sfondo favolistico, sia per quanto riguarda la storia, incredibilmente in perfetta sintonia con la poetica e la filosofia di Spielberg.
La grigia infelicità che porta la vecchiaia, nido di nostalgia e risentimenti, viene curata da una limpida e speranzosa voglia di vivere, cavallo di battaglia di ogni fanciullo felice.
La diversità di genere, nei confronti delle altre tre storie della pellicola, viene accentuata da una alternativa tipologia di carattere e tessuto, che non sfocia nella spettacolarizzazione o nell'avvincente emotività, ma in un magico traguardo filosofico e narrativo.

Joe Dante dirige, invece, "Prigionieri di Anthony", un horror paranormale dall'aspetto tetro ed angosciante in cui il protagonista, Anthony, è un bambino dai poteri soprannaturali, in grado di fare ogni cosa sia possibile immaginare. Helen è casualmente testimone del suo potere, esercitato sulla sua famiglia, impaurita e imprigionata dal piccolo e demoniaco ragazzo. La straordinaria natura di quest'ultimo, però, lo ha reso incompreso ed aggressivo, come spiegherà alla giovane donna, che, concludendo l'episodio, decide di portarlo via sotto la sua ala, sfruttandolo, probabilmente, per scopi più buoni.
L'atmosfera terrorizzante, avvertibile nella astratta e onirica dimora di Anthony, ornata di cartoni animati e colori accesi, è lo sfondo perfetto di un'esplosiva serie di terrificanti ed agghiaccianti situazioni, originate dai poteri incontrollati del ragazzo.
Il reparto visivo, in particolar modo la fotografia superba e gli effetti speciali (che ricreano splendide mostruosità asportate dai cartoons), rendono accattivante questo originale racconto dell'orrore, passato alla storia e dai risvolti inquietanti, accentuandone la sua spettacolarità.

L'episodio più famoso, "Terrore ad alta quota", diretto da G. Miller è probabilmente il più bello insieme a quello di Spielberg. La intensa paura del volo del signor Valentine, si tramuta in un incubo ad occhi aperti quando, durante un tragitto aereo, scova sull'ala destra una contorta ed abominevole creatura, facendolo cadere nella più assoluta isteria, che, seppur motivata, scatenerà il panico tra tutti i passeggeri dell'aereo.
La tensione viva ed angosciante riesce ad incrementare man mano che la follia del protagonista cresce, diventando pulsante e da cardiopalma. A contribuirne l'altissimo ritmo vi sono la regia elegante ed animata, le meravigliose musiche, in sintonia perfetta con le immagini e la convincente e meravigliosa interpretazione di John Lithgow. Tra un terrorizzante intrattenimento ed un avventuroso incubo, la suspance e i momenti di paura vengono amalgamati per creare un racconto inquietante e movimentato, che si chiude con un epilogo in pieno stile "Twilight Zone".