Dom Cobb 7 / 10 19/10/2017 23:56:21 » Rispondi A causa della vita troppo dura in città, la famiglia Toposkewicz decide di unirsi ai numerosi altri topi in viaggio verso una fantomatica città del West che sembra offrire grandi promesse; ovviamente, anche il piccolo Fievel fa parte della combriccola. Ma non sanno che si tratta di una trappola elaborata dall'astuto Mr. Crudelio per deliziare sé stesso e i suoi compagni felini con un gigantesco topo-burger... Erano bei tempi quando trascorrevo quelle che sembravano ore davanti al televisore a consumare le videocassette di film animati forniteci regolarmente dai miei genitori; ancora oggi mi ricordo quel Natale in cui i regali ricevuti consistevano in due cassette particolari, ossia il primo Fievel di Don Bluth e questo suo seguito. All'unanimità, tutti in famiglia abbiamo finito per appassionarci a quest'ultimo e tenere relativamente le distanza dall'originale, e anche riguardandolo oggi, davvero non ce la faccio a cambiare opinione. E' ancora, fra i due, il cartone che preferisco. Chiariamoci subito, come seguito non potrebbe essere più diverso dal suo modello originario, merito soprattutto del cambio di produzione e di troupe: se il primo film era un'avventura costantemente venata della malinconia tipica di Bluth, il secondo invece si conferma spielberghiano fino all'osso. Per di più, lo Spielberg in evidenza qui è quello più frivolo e commerciale, ancora non maturato tramite la realizzazione di capolavori come "Schindler's List". E anche a prescindere dai toni diametralmente opposti, come il capostipite anche questo film ha i suoi problemi. L'aspetto tecnico è sufficientemente curato, con animazioni che sono un intrigante ibrido fra metodi vecchia scuola con tanto di xerografia e i primi timidi impieghi del computer; certo, non è nulla di spettacolare se paragonato ai kolossal disneyani del periodo (dopotutto, è uscito un mese dopo "La bella e la bestia"), ma si tratta anche di un tipo di film d'animazione molto diverso. Le rotondità di Bluth vengono mantenute, ma in generale si vira verso un'aria più cartoonesca, mettendo da parte le atmosfere dark e cupe e rendendo il prodotto in sé più terra terra. Come l'originale, è nella storia che nascono i problemi: il fatto è che, sebbene vengano stabiliti una sorta di trama principale semplice semplice e imbastiti dei temi anche quelli piuttosto innocui, il film spesso si perde in numerose trame secondarie e siparietti. Sembra che la sceneggiatura si sforzi di dare a ciascun personaggio un arco narrativo il più completo possibile,
Fievel vuole ad ogni costo emulare il suo eroe d'infanzia, Tanya vuole diventare una cantante, mentre Tigre s'innamora della sofisticata e sexy Miss Kitty, che a sua volta è occupata a cercare il maschio perfetto. A questo si aggiunge la trama di Crudelio, un ex sceriffo cane impigrito che deve ritrovare la sua grinta per un'ultima volta e ti ritrovi una bella insalata russa.
ma per lo più il risultato è quello di creare una serie di siparietti e scene legate in modo molto labile dalla storia principale. Detto questo, però, queste scenette funzionano tutte nel mero scopo di intrattenere, tenute a galla da un umorismo magari non proprio raffinato, ma senza dubbio efficace, capace di rendere molti momenti davvero esilaranti.
Tigre rapito dai topi indiani o, verso il finale, sottoposto a un duro addestramento per diventare un cane, o anche la stessa figura di Crudelio.
C'è anche da dire che, a dispetto dei toni più leggeri e della frammentarietà della trama, il film non si risparmia alcuni tocchi genuinamente intensi e il climax finale è un grandioso mix di epicità, rispettoso omaggio al genere Western ed efficace commedia slapstick. Inoltre, questo seguito può vantare una miglioria rispetto all'originale: se nel primo film ci si limitava a un gruppo di gatti guidati da un signor nessuno senza un vero scopo di esistere, qui i villain sono di ben altro livello, e a farsi ricordare sono soprattutto Crudelio, cattivo di gran classe e il suo ragno iperattivo, e in generale il doppiaggio italiano migliora ancora di più le già valide prestazioni del cast originale, dove si trovano talenti come John Cleese e nientemeno che James Stewart. Infine, non si può citare la colonna sonora di un James Horner in stato di grazia, epica e trasognata, un altro gioiello fin troppo sottovalutato, dove si distinguono un paio di canzoni non proprio necessarie, ma decisamente orecchiabili. Probabilmente mi lascio accecare troppo dall'effetto nostalgia, ma non posso farne a meno: volente o no, questo film rappresenta un pezzo d'infanzia per me, e lo tratterò sempre come tale. C'est la vie...