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LA TUNICA regia di Henry Koster

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Dom Cobb     7 / 10  26/09/2018 14:56:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il tribuno Marcello Gallio viene inviato in Palestina per via dei suoi dissapori con il futuro imperatore Caligola; in quella terra desolata, accompagnato dal servo Demetrio, egli partecipa all'esecuzione di un certo nazzareno e in seguito vince la tunica di quest'ultimo al gioco di dadi...
Il 1953 viene convenzionalmente considerato come un anno di svolta nella storia del cinema, l'anno in cui esso inizia a rispondere alla progressiva perdita del suo pubblico ad opera della dilagante televisione, e questo nell'unico modo che può concepire: aumentare il sense of wonder. La tecnica più rivoluzionaria ed efficace in tal senso è quella del formato panoramico, o widescreen, che ben presto andrà a differenziarsi in innumerevoli varianti, dal Panavision al Vistavision della Paramount al Cinerama ideato dalla Fox, che tra l'altro è anche la prima versione in assoluto utilizzata anche qui. Il maggiore spazio da catturare sullo schermo è un ottimo pretesto per attirare gente in sala con la giustificazione di un maggiore grado di spettacolarità visiva, impossibile da catturare nello schermo di un televisore, e tale diventerà il maggiore elemento di attrattiva del cinema e il suo cavallo di battaglia per circa un decennio, prima che nuove idee e altri cambiamenti sociali sconvolgano di nuovo la situazione; e quale genere migliore per testare l'efficacia del formato panoramico dell'epico/storico?
Da poco era stata inaugurata la tradizione della cosiddetta "Hollywood sul Tevere", con produzioni di stampo storico prodotte in loco nella penisola italiana e nei dintorni con il notevole ausilio degli studi di Cinecittà, della manodopera locale e dei paesaggi del posto; "La tunica" rappresenta uno degli esempi più famosi di questo filone, non fosse altro che per la sua assidua presenza in televisione nel periodo pasquale. Ma ad eccezione della novità del formato panoramico, ammetto che c'è poco di veramente memorabile.
Come primo esempio della nuova tecnica, il film si difende ancora bene: pur non possedendo la maestria o il livello di grandiosità di prodotti futuri, si hanno anche qui delle viste spettacolari, con tanto di ottima fotografia e scenografie e costumi sfarzosi e ben dettagliati (non è difficile vedere per quale motivo hanno vinto l'Oscar quell'anno). Il cast se la cava, anche se il loro stile di recitazione non è esattamente il massimo, forse perché datato e impantanato nei classici cliché dell'epoca e del genere di storia: Richard Burton ha l'aria di uno che per tutto il tempo aspetta con pazienza che gli compaia l'aureola da santo intorno alla testa, Victor Mature non è migliorato dai tempi di Sansone, mentre la Simmons si abbandona ai soliti sospiri e lamenti melodrammatici senza un minimo di variazione. L'unico a vivacizzare un po' la situazione è Caligola, una sorta di Nerone di "Quo vadis" per i poveri, strillone, sopra le righe e con un perenne ghigno famelico in volto (giova parecchio in tal senso la sua voce italiana, Stefano Sibaldi).
Anche la storia, sebbene sia valida sulla carta, precipita spesso nel manierismo e nel dramma facile, complice anche una regia competente ma nella norma che rende il tutto melenso e si affida a facili trucchi per fare presa sul pubblico,


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fra i quali c'è anche il finale drammatico-ma-non-proprio, con cori angelici e musica trionfale; se non fosse per un paio di ben realizzate scene d'azione, qualche dialogo ben scritto


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e per l'impianto spettacolare che rimane comunque una gioia per gli occhi, le due ore e dieci di durata sembrerebbero il doppio.
In ogni caso, il carisma degli attori e il fascino vintage tipico dei prodotti di quest'epoca classica hanno impedito al film di invecchiare eccessivamente, e a conti fatti, "La tunica" offre ancora oggi un intrattenimento abbastanza solido da renderlo convincente, seppure fondamentalmente innocuo.