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IL RAGAZZO SELVAGGIO regia di Francois Truffaut

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elio91     8½ / 10  12/10/2010 16:17:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ci sarebbe molto da dire sul Ragazzo selvaggio,forse troppo da uno che Truffaut precedentemente lo ha quasi detestato pur avendo visto solo due suoi lavori prima di questo. Però è innegabile la forza di questo film,non solo nello stile che scardina le regole cercando in ogni modo di essere freddo e razionale ma pure in quei piccoli momenti commoventi che in un contesto estremamente distaccato risultano tutto il contrario,ovvero emozionanti.
A mio modestissimo parere siamo di fronte ad uno dei più bei film sul rapporto padre/figlio o meglio sul non rapporto perché liquidare L'enfant sauvage come semplice film pedagogico sarebbe troppo semplicistico e sbagliato a prescindere.
è la storia vera di Victor,ragazzo vissuto per tutta la sua fanciullezza in una foresta senza il contatto umano che viene educato alla società. è la storia di Jean Itard,pedagogo giovane che tenta di educarlo in ogni modo. Ciò che potrebbe sviare dalla precisa critica di Truffaut al metodo di educazione adottato da Itard è proprio il fatto che ad interpretare il pedagogo sia lo stesso regista,in verità palesemente critico nei confronti dell'educazione messa in atto dal medico come si potrebbe evincere da molti elementi: ad esempio la voce fuori campo sinceramente afflitta che denota solo fallimenti totali o parziali dei tentativi di insegnamento del linguaggio,o il finale che si può guardare sotto molteplici aspetti come larga parte dello stesso film, perché da un lato il tentativo e l'affezione provati da Itard per il ragazzo sono sinceri e struggenti (al di là della fredda razionalità della regia) ma l'errore dell'educatore è stato proprio continuare (e successivamente abbandonare) nel suo metodo imposto a Victor,continuando a non ricercargli una socializzazione ma deciso nel riuscire a farlo parlare. Metodi che non furono apparentemente barbari pur essendo rigidi,certo anche giustificabili visto il periodo in cui venivano messi in pratica,ma sbagliati in partenza.
Si è rimarcato spesso il freddo distacco registico,aiutato dal bianco e nero e dalla trama da taglio documentaristico. In realtà a Truffaut non interessa la realtà della rappresentazione dei metodi d'educazione ma quello che c'è dietro: dietro la freddezza della regia si nasconde una forte sensibilità nel raccontare un'infanzia rubata,un rapporto amorevole tra un padre e un figlio solo simbolici.
Non è solo un'opera sul diverso mai capito ma qualcosa costruito ad arte,sotto molteplici livelli critici e di comprensione. Si può rimanere frustrati dai metodi educativi imposti a Victor così come si possono ammirare i tentativi quasi disperati di Itard. Si può sperare che alla fine,in nome di chissà quale regola cinematografica,il ragazzo selvaggio smetta di essere tale e dica finalmente una parola per farci tutti contenti. Truffaut invece concentra tutto in un gioco di sguardi ambiguo,tra dolcezza e terribile: uno sguardo amorevole ed un altro incomprensibile,in mezzo una frase quasi lapidaria che non porterà a nulla. Ma questo nulla ci viene risparmiato con quella che si potrebbe definire sensibilità dal regista (o anche bravura registica) il cui scopo si ferma a quell'ultimo fotogramma,così come Herzog fece lo stesso con il suo Kaspar Hauser anni dopo,pure quella una bella parabola sulla diversità.
Terry Malloy  28/08/2011 10:18:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
infatti Truffaut amava molto Kaspar Hauser, lo si vede in Farenheit 451 quando Montague nasconde il libro da cui è stato tratto il film di Herzog.