caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO regia di Francois Truffaut

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
kafka62     8 / 10  09/05/2018 15:06:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Né con te, né senza di te": questa è l'epigrafe funeraria che, in chiusura di film, la signora Jouve suggerisce di apporre sulle tombe di Bernard e Matilde, autentici martiri di quel "mal d'amore" di cui già erano caduti vittime i personaggi di "Jules e Jim", "La calda amante", "Le due inglesi" e "Adele H". "La signora della porta accanto" è infatti l'ennesimo film che Truffaut dedica all'influenza sconvolgente, incontrollabile e spesso distruttiva che l'amore esercita sulla vita degli esseri umani. Ambedue felicemente sposati e apparentemente immuni da ricadute romantico-adolescenziali, Bernard e Matilde vengono nondimeno travolti dalla piena dei sentimenti e sono costretti ad attraversare, come in una via crucis, tutti gli stadi della passione amorosa: la diffidenza iniziale, la cauta disponibilità, l'infatuazione, la gelosia, la brama di possesso, fino all'esiziale sacrificio di se stessi. Su entrambi incombe l'ineluttabile presenza, tragica in quanto non consente vie d'uscita, del fato (o, se si preferisce usare termini meno deterministici, del caso): il fato (il caso) fa incontrare Bernard e Matilde otto anni dopo la burrascosa conclusione della loro precedente relazione, li fa diventare vicini di casa, riaccende loro malgrado la scintilla dell'amore e li fa precipitare una seconda volta nel vortice crudele dell'amour fou. Da questo momento in poi, seguendo un copione abbastanza scontato, per i due amanti la vita familiare e professionale viene a perdere ogni importanza e solo la persona amata rimane ad occupare, con patologica maniacalità, il centro dell'attenzione.
Il film di Truffaut, che si apre sul suono di un'ambulanza che si allontana, è già segnato, fin dalle prime inquadrature, col marchio della predestinazione: è un lungo flashback composto da sequenze molto brevi, ognuna delle quali aggiunge un piccolo ma fondamentale tassello a questa angosciosa parabola di amore e morte, descritta dal regista con la doviziosa meticolosità di un caso clinico. A dire il vero, la pellicola si fa apprezzare più per l'acutezza dell'indagine psicologica (anche se trascura i sentimenti intermedi a favore di quelli più eccessivi ed estremi e sviluppa poco il personaggio di Bernard nella seconda parte) che per meriti autenticamente cinematografici. Anzi, se al posto dei pur bravissimi Fanny Ardant e Gerard Depardieu ci fossero stati Meryl Streep e Robert De Niro, "La signora della porta accanto" potrebbe essere benissimo scambiato per un film hollywoodiano, di buona fattura, certo, ma tutto sommato convenzionale. Del Truffaut che più amiamo non rimane molto: c'è ancora una apprezzabile leggerezza nella scrittura filmica (le rapide sequenze divise da fondu neri o da dissolvenze col mascherino), c'è una scena in cui il regista si diverte a far rimanere in sottoveste la Ardant davanti ai numerosi ospiti di un party, e soprattutto c'è il personaggio della signora Jouve, la quale da una parte riveste il ruolo di corifea, dall'altra rappresenta l'occhio distaccato ma critico del regista. E' lei a raccontare a posteriori la vicenda di Bernard e Matilde, così come è lei, che aveva già sofferto vent'anni prima analoghe pene d'amore e per esse era giunta a tentare il suicidio, ad allargare il discorso, universalizzandolo e spogliandolo nel contempo, in virtù del tempo trascorso, dei suoi aspetti più emotivi e melodrammatici.
Allegra, vitale, ironica e dotata di grande umanità, la signora Jouve è anche la prova vivente della maggiore sensibilità delle donne in amore. Nel rapporto di coppia – sembra dire Truffaut – è sempre la donna a soffrire di più, a soccombere psicologicamente di fronte al cannibalesco integralismo dei sentimenti. Al pari della signora Jouve, costretta ad allontanarsi da Grenoble per non incontrare l'uomo di cui era stata innamorata e da cui era stata crudelmente abbandonata, Matilde investe tutta se stessa, fino all'esaurimento nervoso e al ricovero in clinica, nel rapporto con Bernard, il quale al confronto appare immaturo, impulsivo ed egoista. "Io ti amavo, tu eri solo innamorato", dice Matilde a Bernard, quasi a sancire la loro differente statura morale. Al termine del film è proprio lei a schiacciare il grilletto, a fare cioè quello che, alla luce dei fatti successivi, appariva inevitabile fin dall'inizio ma che Bernard non avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Matilde uccide Bernard e si suicida dopo aver fatto un'ultima volta l'amore, proprio come un'altra indimenticabile Matilde dello schermo, quella de "Il marito della parrucchiera". Ancora una volta, l'ennesima, Eros e Thanatos vanno paradossalmente a braccetto tra loro, compagni inseparabili e ineludibili dell'umana esistenza.