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ANCHE LIBERO VA BENE regia di Kim Rossi Stuart

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Invia una mail all'autore del commento Zazzauser     8½ / 10  20/11/2006 02:17:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film che, alla sua uscita ufficiale nelle sale, non è neanche stato trasmesso qua nei cinema di Sanremo e che esce a sorpresa solo adesso. Un meraviglioso spaccato di una famiglia italiana, regalatoci da un Rossi Stuart che stupisce come attore ma soprattutto come regista, mostrando una tecnica notevole anche se da esordiente. Lo svolgersi dei fatti e la stupenda recitazione di tutti non fanno altro che delineare sempre meglio i personaggi, sui quali si snoda l’intera pellicola, che arrivano ad acquistare uno spessore psicologico notevole: si scava profondamente dentro la psicologia di ogni singola figura, a scoprire i suoi lati nascosti, le cose non dette, i punti deboli, le paure inconscie. Ognuno di essi ha la propria funzione nell’evoluzione dell’infanzia di Tommaso: innanzitutto il padre, interpretato da un Rossi Stuart barbuto che forse sceglie questa soluzione per scrollarsi di dosso l’idea di ragazzino che ha assunto nel Pinocchio di Benigni ed assumere meglio il ruolo di adulto. Egli, reduce di tutto quello che ha passato arriva a prendersela col mondo intero, con una realtà che gli ha messo sempre i piedi in testa e lo ha ingannato, sia ora che in passato, ancora una volta, così arriva ad demonizzare chiunque cerchi di mettere in discussione le sue idee e vede tutto come l’ennesimo imbroglio, l’ennesimo sopruso; manifesta un’incontinenza nel trattenere l’emotività in generale, soprattutto la rabbia, che lo porta ad esasperare al massimo ogni sua reazione verso chi o cosa gli fa resistenza nel portare avanti il suo progetto, il suo tentativo di ricostruirsi una vita normale orgoglioso dei propri figli. I suoi raptus sono resi benissimo da un Rossi Stuart che si lascia scappare anche una bestemmia e che usa spesso le mani. E’ assolutamente incapace di controllarsi e ciò ne fa un personaggio molto umano e vero ma anche molto debole. Poi una madre assolutamente incapace di mantenere le promesse ed assumersi le proprie responsabilità di cui Tommaso addirittura si vergogna (qui si scende nella psicanalisi), la sorella perfettamente nella parte pedina per la sua iniziazione al sesso incominciata quasi per gioco e per lui termine di paragone in un rapporto amore-odio di una realisticità sconcertante, ed infine il protagonista in una situazione veramente difficile: 1° media, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, i primi amori, i propri desideri, la brama del senso del potere che lo spinge ad arrampicarsi sul tetto ed osservare tutto e tutti dall’alto. I suoi ideali si fanno carne ed ecco apparire la classica famiglia “da film” che Tommi guarda con stupore e che vorrebbe fosse la sua; ad accompagnarlo nella sua avventura scolastica c’è un ragazzino silenzioso e sempre solo che non dice una parola durante tutto il film la cui funzione ancora non ho afferrato (avrebbero dovuto approfondire).
Il regista si sofferma, parallelamente alla descrizione dei personaggi, soprattutto ai rapporti fra di essi: in maniera speciale fra il figlio ed il padre, l’imposizione del proprio stile di vita, delle proprie abitudini e dei propri hobby è una realtà molto diffusa anche nel mondo reale e pochi padri ormai sono capaci di non bollare il proprio figlio come “perdente” perché vogliono avviarlo alla vita ed insegnargli a difendersi precocemente e come “traditore” perché vogliono trovare quel minimo di serenità che non trovano nell’ambiente familiare o perché non sono in grado di dare le soddisfazioni che i genitori avevano preteso.
Insomma, un ottima prova di cinema italiano di cui sono veramente contento.