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DICIASSETTE ANNI regia di Zhang Yuan

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  19/05/2007 20:44:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il racconto di un'espiazione: prima è il disagio giovanile come forma di ribellione alla carenza affettiva (o genetica?) e anche come precoce, disperata, scellerata, voglia di indipendenza all'interno di un nucleo famigliare non tradizionale.
Poi è la lunga detenzione nelle carceri dove l'espressivo rigore del Regime detiene ancora un suo primato oltranzista e coercitivo
Infine, i destini incrociati che si ritrovano per la prima volta DAVVERO, fuori dalle mura, quasi affini agli stessi disagi (la famiglia come fonte di "inaccettabile prova della verità").
Quando Yuan riconosce, un poco Maoisticamente, quel senso di giustizia sociale come prova irrefutabile come "occasione di nuova vita" rischia di apparire retorico.
Ma il film - frutto di uno compromesso produttivo tra la Cina e il Veneto - resta bellissimo, sofferto, e straziante come pochi.
Rimanda forse qualche eco involontario dell'"Ultima courvè" di Hal Ashby (v. l'ufficiale) mette in moto meccanismi diversi in un'unica, empatica solitudine mentale
Se il tempo è sovrano, ecco che nel nome di un dolore reciproco (la donna costretta a vivere con l'uomo la cui figlia è stata uccisa dalla sua...), dei rancori mai sopiti, dell'impossibilità temporale di lordare la ferita dell'animo, la "condanna" più spaventosa è in quel lungo silenzio, che reclama l'assenza/presenza di un Padre, e soprattutto il bisogno di "liberarsi" definitivamente.
Scendono le lacrime quando le vere prigioni sono finite: un film che colpisce e stupisce per questa faticosa "odissea di verità"

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