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STORIA IMMORTALE regia di Orson Welles

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Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf     9 / 10  04/11/2010 12:56:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Storia Immortale"(Une Histoire immortelle)è un film del 1968 diretto da Orson Welles, tratto da un racconto di Karen Blixen.
Non si tratta certo di uno dei suoi film più famosi, ma è certamente tra i suoi più risciuti, almeno a mio modesto parere.
Per il suo primo film a colori Welles si trova a dirigere ed interpretare un personaggio wellesiano per eccellenza, Mr. Clay.
Costui incarna infatti il nuovo megalomane e quasi ubermenschiano "stereotipo"(si fa per dire)wellesiano, diretto successore di personaggi arcinoti come Charles Kane o Hans Quinlan, o anche il Mr. Arkadin de "Il rapporto confidenziale". La vicenda, estremamente semplice e simbolica al tempo stesso, si svolge nel giro di nemmeno un'ora di film.
Mr. Clay è un vecchio ricco, potente, spietato e solo(un po' un misto tra Quinlan e Kane), che vive con la sola compagnia del suo costabile, che lo intrattiene durante la notte con lunghe letture.
Clay rappresenta alla perfezione le ossessioni tipiche del regista, la sua ossessione di rappresentare la realtà e di controllarla(con il potere economico nel caso del personaggio ivi descritto, mediaticamente per quanto concerne invece il regista), incapace di accettare i propri limiti e l'inattuabilità della finzione.
La vicenda si articola intorno, come dicevo, ad un plot molto essenziale(ma sostanzioso al tempo stesso). Clay ha sempre creduto solo nella realtà dei fatti, mai alle storie o alle profezie(come lui chiama i racconti biblici), ma quando viene a conoscenza della falsità dell'unica storia in cui egli abbia mai creduto, ossessionato da una smania di controllo, decide di trasformare la finzione in realtà.
Non rivelo altro della trama, né mi permetto di svelare troppi dettagli, però mi sento di consigliare questo film ad ogni cinefilo, soprattutto ai fan di Orson Welles. Oltre alle belle musiche e all'assoluta scorrevolezza della pellicola(scorrevolezza che mancava in alcuni lavori maggiori del regista), nonché alla riflessione molto lucida sul rapporto tra finzione e realtà(già affrontato a partire dai tempi di "Citizen Kane" ed estremizzato poi in "F for Fake"), il film si avvale anche delle ottime prestazioni di Welles e di Jeanne Moreau, nonché di un breve cammeo di Fernando Rey, pupillo di Bunuel(Viridiana, Tristana, Il Fascino discreto della borghesia).
Adesso dovrò spoilerare un po' di cose per riuscire a parlare dettagliatamente della tematica affrontata dal regista, quindi se non l'avete visto ancora(e vi consiglio di farlo!)evitate di leggere quanto segue.
Il film intende dimostrare la tesi wellesiana(che è stata un continuum, quasi una ossessione nella sua carriera)dell'inconciliabilità della finzione con la realtà, raggiungendo forse il risultato più alto della sua carriera in questo ambito. L'esordio di Welles avviene con la celebre trasmissione radio che scatenò il panico negli Stati Uniti, facendo credere a migliaia di americani che gli alieni avessero invaso il pianeta. A partire da allora Welles è stato dunque interessato alla rappresentazione della finzione ed al suo rapporto con la realtà, mettendosi al centro delle vicende, in maniera sempre molto egocentrica. Nel famosissimo "A touch of evil"(L'infernale Quinlan)Welles affronta il rapporto tra verità e finzione in maniera molto sottile, presentandoci il suo personaggio, quello dell'ispettore Quinlan, uno degli antagonisti più riusciti della storia del cinema, in maniera epica, mostrandocelo nella sua complessità che va ben oltre il tipico manicheismo del cinema hollywoodiano. Il personaggio è a tutto tondo ed è uno in grado di manipolare la realtà finalizzandola ai suoi interessi. Sempre interessato a smascherare i sospetti non ha mai esitato a fabbricare letteralmente false prove con l'aiuto del suo complice. Serviva la realtà e la giustizia con la sua etica quasi nietzscheana, al di là del bene e del male, servendosi anche della finzione.
In Citizen Kane non tanto la menzogna quanto le molteplici sfaccettature della realtà, quasi in senso pirandelliano, erano protagoniste della vicenda. Kane è "protagonista secondario", cioè protagonista per bocca altrui. La morte di Kane è forse l'unico evento che ci è dato nella sua oggettività - pur prestandosi alla soggettività dello spettatore! - poi la successiva ora e mezza di film fa "rivivere" in maniera quasi irrealistica il personaggio attraverso i ricordi altrui, spesso distorti o conformati alle altrui opinioni o volontà(un po' come in Rashomon di Kurosawa, ma i confronti non sono così importanti in realtà). Kane "rivive" dunque sotto molteplici forme e non basterà certo un nome a chiarire il mistero sulla personalità di un uomo, perlopiù un uomo tanto discusso. Solo lo spettatore sarà in grado di cogliere il significato del nome in maniera oggettiva nell'epilogo, ma ciò non renderà giustizia realmente al potente Kane, la cui personalità non può essere chiarita o "spiegata" attraverso un nome!
"F for Fake" è il film di Welles che più è incentrato sul rapporto tra finzione e realtà, arrivando a porsi enigmi sulla natura dell'arte e sulla caducità dell'esistenza umana, anche se l'ambiziosità del progetto ne rappresenta anche il grosso limite, non rendendo quest'ultimo film un vero e proprio capolavoro.
Senza soffermarmi ulteriormente sugli altri film, mi accingo a parlare di questo "Storia immortale".
E qui iniziano gli SPOILER.
La morte del protagonista sigla la definita ed ennesima sconfitta da parte del regista di rendere la realtà attraverso una finzione o ancor più di attuare, di realizzare ciò che è finzione.
Il potere dell'immaginazione, del non-visto, del narrato, prevale in ultima istanza sulla realtà e sulle manie di volerla manipolare.
Il denaro non può arricchire interiormente un uomo e colmare i propri vuoti(la tesi, una delle tesi, anzi, di Citizen Kane), né tantomeno può manipolare la finzione e renderla realtà!
I racconti restano tali, l'inconciliabilità con la realtà è definitiva, così come è definitivo il limite del regista di poter dare consistenza agli eventi narrati, a voler rappresentare la verità.
E il denaro? Cosa può lui, Mr. Clay, l'uomo da "un milione di dollari", estrema personificazione di uomini potenti e ligi alla propria visione del mondo(ma prigionieri delle loro smanie)? Di lui e del suo sogno non resta che l'eco di una conchiglia.
A Clay(alter-ego per eccellenza del regista)non resta che la morte; ogni pretesa di rendere i sogni e i racconti realtà è destinata al fallimento e non c'è rimedio.
Voto: 9(ma volendo anche 9,5)
Guy Picciotto  14/03/2011 19:55:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
bellissima complimenti
l'ho sempre amata anche io questa mini suite da camera , e fa impressione che il suo congedo (le cose venute dopo non le considero molto) sia stato così esile se pensiamo a tutta la grandeur che ha caratterizzato Welles, eppure lo sento lo stesso in linea in qualche modo con tutta la sua opera.
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  16/03/2011 12:04:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In realtà l'ho scritta un bel po' di tempo fa e credo che molte delle cose che ho detto siano parecchio inesatte o quantomeno incomplete!
Si tratta - forse - del mio Welles preferito(ma mi mancano due capolavori come "Falstaff" e "L'orgoglio degli Amberson", nonché un paio di film considerati minori, come "Lo straniero")e credo che l'accusa di essere un film meno rilevante nella carriera di Welles sia del tutto infondata.
Questo film, come l'altrettanto importante "F for Fake", credo rappresenti la summa della poetica wellesiana, la riflessione esplicita(ta) sull'arte che in realtà già a partire da "Citizen Kane" stava mettendo a punto.
Se "F for Fake" può essere considerato il suo testamento artistico a tutti gli effetti, "Une histoire immortelle" rappresenta invece una summa di tutte le ossessioni di Welles, un concentrato toccante e poetico(merito anche delle musiche di Satie!)delle tematiche che in maniera più sottile aveva già trattato negli altri suoi film.