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IL BANDITO DELLE 11 regia di Jean-Luc Godard

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Crimson     10 / 10  13/01/2008 15:24:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Penso sia il film di Godard più difficile da commentare secondo un filo logico. Forse il più sperimentale della sua produzione presessantottina. Sicuramente il mio preferito (unitamente a 'bande a part').
La trama noir non è che un surplus di una ossatura variegatissima costituita da citazioni letterarie e pittoriche, di suoni frammentati, di immagini che si configurano come spazio vitale che inghiotte quello personale.
Un film sull'idealizzazione del sentimento che si realizza e dematerializza in un quadro complesso che comprende sia vita che morte.
Ferdinand e Marianne, il primo stanco della vita borghese di sua moglie, la seconda invischiata nel traffico d'armi.
"La vita dovrebbe essere come un romanzo, in cui tutto ha una logica, ma non è così", sentenzia Marianne. E allora fuga da tutto e da tutti. La fuga come mezzo tramite il quale alimentare l'idealizzazione.
Inizialmente per Ferdinand è fuga dal mondo borghese della propria ricca moglie italiana e la sua famiglia: forse una delle scene più belle quella del 'party', tra esperimenti di colore che amplificano l'incomunicabilità totale che versa tra il protagonista e gli altri. Beninteso che non è dipinta in modo serio, in realtà, tutt'altro. Finirà a torte in faccia.
Appare anche un imbambolato Samuel Fuller.
Poi si articola il tema del doppio, espresso dallo stesso Ferdinand. Pierrot (come viene chiamato da Marianne) le fou (il folle) e Pierrot l'innamorato, il che è equivalente. La diversità totale tra i due prende forma sotto tutti i punti di vista: musica e letteratura, desideri, descrizione dell'immediato futuro (uno degli artifici meglio riusciti del film).
Vietnam, borghesia, guerra fredda: non sono approfonditi come in diversi film del periodo seguente, in cui divengono dei veri e propri temi predominanti. Qui fanno solo da contorno.
Splendida la fotografia e strepitoso il duo Belmondo-Karina.
E il pazzo sulla barca nel prefinale è uno dei personaggi più pittoreschi del cinema di Godard.
Alla fine rimane quel senso di inappagamento e di incompiutezza terrena fatta di tradimento e ritorno alla cruda realtà (che comunque si realizza attraverso la vendetta). Ma il desiderio è talmente pervasivo da resistere anche a questo, prende altra forma, si spersonalizza, si realizza con la morte come mezzo (ma assolutamente non con un'accezione religiosa), si concilia con l'eternità nell'ultimo splendido fotogramma.
Ciumi  10/09/2009 19:19:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono d’accordo. Anche a mio parere “Il bandito delle 11” è il migliore di Godard. Forse il più bello visivamente. Comunque, l’opera che sintetizza meglio la sua poetica di citazioni, annotazioni, strofe di poesia scritte su scontrini e pezzi di carta, ricca di rimandi al cinema passato e alla pop art contemporanea.
Antonioni diceva che faceva troppi film. Che se si fosse concentrato più su alcune pellicole, le sue opere sarebbero state certamente più interessanti. In parte è corretto. Ma è anche vero che il cinema di Godard non può essere che altrimenti: frettoloso, svelto, colto e al contempo grezzo.

Scusa la mia intrusione, ciao.

Ciumi  12/10/2009 20:20:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ri-grazie per la risposta.