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UNA SQUILLO PER L'ISPETTORE KLUTE regia di Alan J. Pakula

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Thorondir     8 / 10  08/07/2023 12:36:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo gli anni culminanti della cultura hippy, dopo il "bagno di realtà" di Altamont, dopo la "liberazione sessuale e i primi movimenti femminili sempre più strutturati e di massa, dopo tutto questo, la figura di Bree (una splendida Jane Fonda) sembra quasi emblema massimo di un preciso momento storico (e sappiamo quanto fosse importante il contesto storico per i film della prima parte della carriera di Pakula). Questo "Klute" (discutibile l'adattamento del titolo italiano, come al solito), parte da un espediente narrativo (la ricerca dello scomparso Tom) per raccontare in realtà la ricerca, da parte della protagonista, di se stessa: sembra quasi che Bree, sicura di se tanto da vantarsi di saper manipolare gli uomini, sia però anche vittima di proiezioni e paure (i rumori, l'impressione di essere seguita) che anticipano quel senso di paranoia e ossessione che arriverà dopo il Watergate (non a caso evento a cui Pakula dedicherà forse il suo miglior film) e che per certi versi era già stato a sua volta anticipato dall'andamento sempre più negativo della guerra d'aggressione in Vietnam. E il cinema statunitense degli anni '60 e '70 non può essere compreso senza tenere presente l'orrore e la morte nelle giungle del sud est asiatico per il senso di grandezza scalfita che ne derivò a livello di opinione pubblica.

In virtù di tale background politico/narrativo, l'opera di Pakula rifiuta qualsiasi andamento da cinema classico e si tiene alla larga anche da una certa freneticità e "sporcizia" della prima new hollywood: il film di Pakula è tutto costruzione visiva, sguardi dietro vetri, ascensori, gabbie fisiche e mentali, inquadrature che decentrano il soggetto e lo pongono in lontananza. È, insomma, una sorta di trattato cinematografico sulla spersonalizzazione, l'isolamento, l'ansia. A simboleggiare quella di un intero paese.