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POCAHONTAS regia di Eric Goldberg, Mike Gabriel

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Dom Cobb     7½ / 10  31/10/2014 13:11:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Inghilterra, 1607. La Virginia Company si imbarca per raggiungere il nuovo mondo, alla ricerca delle sue inestimabili ricchezze; fra gli uomini scelti per l'impresa c'è il valoroso John Smith. L'arrivo di questi "visitatori pallidi" nella futura colonia di Jamestown genera paura e diffidenza nelle tribù indigene di nativi; l'unica aperta al dialogo e al contatto pacifico è la figlia del capo, Pocahontas, che ben presto si innamora, contraccambiata, di John Smith...
Dopo lo straordinario ed inaspettato successo de Il re leone, ecco un'altra svolta insolita per la Disney, che stavolta decide di dare una sua versione di una vicenda sulla cui veridicità vi sono ancora accesi dibattiti (o, almeno, su quanto sia verità e quanto leggenda). Si tratta comunque, della prima pellicola disneyana di taglio prevalentemente storico, sebbene neanche stavolta animatori, registi e sceneggiatori manchino di prendersi certe libertà creative. Erano in molti negli studios a vedere Pocahontas come il loro prodotto di punta anziché Il re leone, che veniva spesso liquidato come un film di importanza marginale, eppure fu proprio la leggenda sulla giovane indiana ad ottenere un responso tiepido a livello sia critico che commerciale. Fu il primo prodotto Disney ad ottenere un successo semplicemente discreto fin dai tempi di Basil.
In effetti, guardando il film si sente la mancanza di un certo spirito di gruppo che aveva caratterizzato la produzione dei classici precedenti, e qui mi sembra giusto aprire una piccola parentesi: le crescenti tensioni fra i dirigenti della Disney Michael Eisner e Jeffrey Katzenberg erano giunte a un punto di rottura dopo la dipartita del co-presidente Frank Wells. Senza di lui, non c'era più modo di attenuare tali divergenze, e la faccenda si concluse con l'abbandono di Katzenberg degli studi Disney. Poco tempo dopo, quest'ultimo avrebbe fondato un suo studio di animazione, la Dreamworks, ma è un'altra storia.
Ciò che importa è che, con la perdita di due membri chiave del team che aveva permesso il Rinascimento Disney, gli studios iniziarono a mostrare una certa carenza di energia con il passare degli anni, e la contemporanea nascita di studi come la Pixar, con la novità dell'animazione computerizzata, contribuì non poco a far perdere alla gente l'interesse per l'animazione a mano.
Si può dire che anche prodotti come Pocahontas siano la causa del crescente disinteresse del pubblico verso lungometraggi che, ancora una volta, venivano visti nuovamente come innocui prodotti per bambini. Pocahontas è, insomma l'inizio della fine della Disney bidimensionale, sebbene non mancarono occasionali successi in futuro.
Per quanto mi riguarda, Pocahontas è semplicemente alquanto sottotono rispetto ad alcuni classici che lo hanno preceduto, ma non per questo è un brutto film; anzi, mi sorprende che alla Disney siano riusciti a dare alla luce un progetto che, se osservato con attenzione, rappresentava un vero e proprio azzardo non meno de Il re leone.
I cambiamenti rispetto al passato iniziano fin dallo stile animato, che si adatta alla materia che la storia narra, e il risultato è un intrigante miscuglio di linee morbide negli sfondi e nel layout e tratti più angolari e spigolosi nel design dei personaggi; suggestivi sono anche i colori e gli effetti di luce ed ombra


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che, come accadeva in alcuni dei primi classici degli anni '30 e '40, offrono una visione elegantemente stilizzata della storia e dei messaggi che contiene.
Non ho nulla contro i rimaneggiamenti del materiale originale, specie se a farli è la Disney: anzi, essa si è specializzata a cambiare le fonti di ispirazione al punto da renderle al 90% diverse. Con Pocahontas non è diverso, e le libertà rispetto alla storia originale sono tali da non poterle contare, ma personalmente non mi disturba affatto, l'importante è che la trama sia coinvolgente e i personaggi interessanti. La prima sfrutta gli elementi dei fatti storici per illustrare una parabola sul tema del pregiudizio con una spruzzata ecologista; e, per quanto il pubblico sia sempre con i fucili puntati, pronto a snobbare uno svolgimento simile dichiarandolo poco originale, io non ho nulla in contrario a un simile tema, basta che non sia eccessivamente didascalico. Una cosa che qui, bene o male, non succede, e si tratta comunque di un messaggio valido, anche se di tanto in tanto ci si concede a uno o due stereotipi di troppo.


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Inoltre, per gli standard disneyani, la trama viene raccontata con un insolito grado di realismo che rende alcune scene veramente forti per un pubblico di giovani, un motivo di plauso per il film piuttosto che di critica,


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specie considerando che i momenti più leggeri, dedicati agli animali (che, una volta tanto, non parlano), in un contesto simile non sono mai veramente fuori posto: una prova di quanto commedia e dramma siano brillantemente bilanciati.
I personaggi non saranno fra i più solidi creati dagli studios, ma ancora una volta è l'approccio realistico a donare loro una certa, inesplicabile profondità che va oltre i dialoghi e l'animazione in sé stessa. E il fatto che la storia d'amore fra l'indiana e l'uomo bianco, che di fatto occupa tutta la parte centrale della pellicola, non risulti noiosa, è un innegabile pregio. Poi, ci sono sempre gli animali a regalare dei sorrisi di tanto in tanto.
A far da contorno delle musiche mozzafiato firmate dal solito, grande Alan Menken, stavolta in collaborazione con il suo miglior partner dopo Howard Ashman, il paroliere Stephen Schwartz. Insieme, i due danno vita a canzoni e una colonna sonora da brividi, soprattutto nelle emozionanti scene finali: l'Oscar è più che meritato.


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In definitiva, un classico diverso dai canoni disneyani, privo di molti elementi della "formula" tipica, sorprendentemente priva di un lieto fine e della tipica magia fiabesca; in compenso, Pocahontas ha una magia tutta sua, un messaggio forte per quanto rivisitato fino alla nausea, atmosfere fantastiche, una grandiosa animazione e musiche da brivido. Se questo non basta a rendere un classico Disney un buon classico, allora non so cos'altro potrebbe. Non fra i migliori, badate, ma comunque dannatamente riuscito.