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MAGNOLIA regia di Paul Thomas Anderson

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Terry Malloy     8½ / 10  28/08/2018 20:03:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se Linklater con "Slacker" (1991) e Altman con "America Oggi" (1993) avevano sondato la possibilità di implementare ad infinitum la struttura narrativa corale di un'opera filmica, devastando il concetto di protagonista e raccogliendo l'eredità corale e decentrata del modernismo, PTA e Tarantino facevano la stessa cosa (Quentin un po' prima), inserendosi l'uno in un discorso di cinema di genere recuperato attraverso la citazione e la superviolenza (sul modello kubrickiano), quindi in definitiva con la spettacolarità dell'immagine e la filosofia metanarrativa dello script, l'altro approfondiva il discorso della coralità ironizzando sul concetto wellesiano di caso e finzione, e spettacolarizzando il dolore dei propri personaggi attraverso gli stessi dispositivi con cui la società, eterna criticata, lo aveva cominciato a fare già a partire dalla rivoluzione produttiva ed estetica chiamata accademicamente New Hollywood: televisione, televisione e ancora televisione.
Se di impegno civile si può ancora parlare è attraverso il concetto di "Postmodern impegno", ossia un cinema che era ancora critica del presente, dell'America lacerata dalla dipendenza (Foster Wallace ci erigerà sopra l'opera più colossale mai concepita nella letteratura americana), Anderson ha l'intelligenza di non criticare i personaggi, ma solo i contesti in cui sono inseriti. Di qui la spregevolezza leggera di queste creature, soffocate dal microcosmo dei loro affetti (simbolo in piccolo del macrocosmo sociale) e meravigliosamente arrabbiate col mondo e decise ostinatamente a dimostrare qualcosa ai propri interlocutori, che a questo punto dei giochi sono proprio tutti: le donne, per esempio, nel caso del grande personaggio interpretato da Tom Cruise.
Se PTA è diventato grande a partire da questo grande film è chiaro il perché: come Tarantino, la sua abilità di criticare senza individuare un preciso bersaglio, ma facendo annegare i suoi personaggi in una confusa invettiva contro tutti fu percepito come un simbolo dei tempi che venivano, quelli della guerra di tutti.