ilSimo81 8½ / 10 08/07/2014 17:30:48 » Rispondi Per compiacere la madre che ama, Erik subisce impassibile le violenze del patrigno, sfogando sistematicamente ira e frustrazione sui compagni di scuola. Quando finisce in un collegio in cui la violenza è l'arma ordinaria di un nonnismo pressoché istituzionalizzato, deve scegliere se ribellarsi o accettare passivamente.
"Evil - Il ribelle" nasce dall'autobiografia (1981) del noto scrittore svedese Jan Guillou e approda al cinema (2003) ad opera di Mikael Hafstrom - regista di opere per lo più mediocri, ad eccezione dell'onesto "1408" (trasposizione cinematografica dell'omonimo racconto di Stephen King, che espresse apprezzamento per quel film). Ottimamente ricostruite le ambientazioni e le peculiarità dei concetti educativi propri dell'epoca (1959), Hafstrom vi immerge i suoi personaggi: ragazzi (e uomini) frustrati si sfogano altezzosi su altri ragazzi, loro sottoposti per età e per convenzione sociale (nella fattispecie, per tradizione dell'istituzione scolastica), che subiscono la logica del nonnismo pur di non trovarsi a soccombere radicalmente. "Evil" non usa mezze misure nel riproporre questi episodi, narrandoli in modo piuttosto crudo e violento. Modo necessario e pure efficace, visto che trasmette allo spettatore l'impulso ad una ribellione violenta. E merito di questa efficacia è certamente nell'abilità degli attori di rendere odiosi, o apprezzati, o compatibili (in una parola, credibili) i propri personaggi.
Questa sapiente mescolanza di violenza e dramma, ben gestite in crescendo, rende "Evil" un film ben fatto, un piccolo cult nel suo genere.