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A EST DI BUCAREST regia di Corneliu Porumboiu

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kafka62     5½ / 10  20/01/2018 11:12:36Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La Storia e le storie: è di questo rapporto, dialetticamente complesso e ambiguo, che in fondo si occupa, con un atteggiamento minimalista e dimesso, l'opera prima di Corneliu Poromboiu, vincitrice della Camera d'or a Cannes 2006. La rivoluzione romena e la cacciata di Ceausescu da una parte e l'apporto dato dai singoli cittadini a quell'epocale avvenimento dall'altra vengono indagati dal regista in un'ottica per così dire decentrata, attraverso la scelta di ambientare la storia in una cittadina di provincia e in un piccolo studio televisivo, dove tre personaggi (un conduttore disilluso, un professore ubriacone e un pensionato stralunato) danno vita a uno squallido talk show in cui le loro affermazioni vengono sistematicamente smentite dagli spettatori che telefonano in diretta. Anche se vi sono scolastiche citazioni del mito della caverna di Platone e del "tutto scorre" di Eraclito, il tema della relatività della verità è affrontato da Poromboiu con disincantato e caustico umorismo, come un Rashomon diretto dal primo Forman. Alla fine è la concezione tolstojana della Storia a prevalere, e la meschinità degli individui viene sommersa dalla imponderabile ineluttabilità del destino, che il debole volere degli uomini non vale a comprendere e tanto meno a modificare. Con uno stile umile e dimesso, un'ambientazione grigia e claustrofobica, un ritmo lento, l'utilizzo della cinepresa fissa e la scelta di non usare commenti musicali extra-diegetici, A est di Bucarest è un film che convince solo a tratti, in quanto sembra girato più "di testa" che "di pancia" e ha un che di volutamente non compiuto, di inespresso. Solamente nel finale, con la nevicata e i lampioni che si accendono uno a uno, il film riesce ad aprirsi a una sorta di crepuscolare poesia in grado di trascendere con un garbato simbolismo il prosaico e simil-documentaristico squallore della realtà. Sotto le righe, il messaggio del film (rivendicato dall'ultima telefonata in studio) sembra essere il monito a non rivangare troppo il passato per dedicarsi di più al presente.