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BABEL regia di Alejandro Gonzalez Inarritu

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julian     8½ / 10  28/09/2009 15:10:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non c'è bisogno di girarci in lungo e in largo: Inarritu è uno dei migliori registi in ascesa e forse, pur con quel poco che ha fatto, uno dei migliori viventi.
Il film, ma tutta la trilogia sulla morte credo, è giocato sul concetto di dolore universale, l'unico linguaggio univoco che ci accomuna tutti, che sorpassa ogni barriera politica e sociale, un messaggio rilucente come il "Tat Twan Asi" ("questo vivente sei tu") delle Upanishad che ci fa capire come, al di là delle differenze fenomeniche che intercorrono tra noi, facciamo tutti parte di un'unità metafisica.
Da ciò è chiaro anche il titolo: la torre di Babele fu fatta costruire come punizione al genere umano e da essa si generarono migliaia di lingue e culture diverse. L'uomo trovò il primo ostacolo alla comunicazione e da qui, inevitabilmente, sorsero odio e xenofobia.
Un'altra lettura che mi viene in mente però, tra le tante che si possono dare, è una considerazione amara sulle differenze irrisolvibili tra primo mondo (inteso come America del Nord ed Europa, anche se qui non è rappresentata) e secondo-terzo mondo (in questo caso i marocchini e i messicani ma più in generale tutto il mondo non ricco): dimostrata l'unione profonda di tutti gli esseri viventi, Inarritu ci fa vedere tragicamente come gli uomini siano trattati in modo direttamente proporzionale alla loro facoltà, alla loro ricchezza, importanza e, purtroppo, anche alla loro razza. Non è difficile notare come, nell'episodio dei due turisti americani, le forze dell'ordine trattino come animali i loro compatrioti e come la loro sia l'unica storia che si concluda in modo, se non proprio lieto, quantomeno positivo.
Questa interpretazione, che aggiungerebbe ai già noti temi del film (dolore e solitudine) anche quello del razzismo intrinseco dell'uomo e della sperequazione eterna tra diverse culture, tiene però fuori l'episodio della giapponesina sordomuta che, proprio in questo modo, dimostra di essere il più estraneo alla storia. Anche quel sottile filo conduttore che Inarritu ha messo come collegamento superficiale delle tre storie appare infatti più fragile nell'episodio dell'adolescente; abbiamo già detto però che il vero filo conduttore è ben più profondo e radicato.
Detto tutto questo, posso concludere che si tratta del film che spero sempre di vedere, non cervellotico nè autoreferenziale, ma allo stesso tempo aperto a miriadi di significati, intenso, poetico e solidale all'emotività del singolo.
Attori grandiosi: stranamente in ombra Pitt, ma solo perchè il suo volto disperato viene surclassato da prove ancora più magistrali della sua (Gael Garcia Bernal anche qui grandissimo).
Piacere ancora più grande è stato vederlo con il mio amico Tony, che mi ha preceduto nel commento, con cui un simile film diventa una miniera di discussioni ed osservazioni (si va dalla presunta comparsa di Rachid Neqrouz, ex difensore del Bari, nella partita che si intravede, fino alla lunga dissertazione sul blooper del proiettile che presenta un evidente errore di dinamica).
Spero di non aver dimenticato niente. Grazie Inariditu.