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IL DOTTOR MABUSE regia di Fritz Lang

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kafka62     7 / 10  06/04/2018 19:15:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Visto ai nostri giorni, a quasi cent'anni dalla sua realizzazione, "Il dottor Mabuse" si presta ad almeno due differenti (e tra loro antitetiche) considerazioni. La prima riguarda il materiale narrativo, che è sovrabbondante e palesemente antiquato. Nelle tre ore (e nelle due parti) del film assistiamo a un numero impressionante di sequenze ad effetto, di colpi di scena, di capovolgimenti di situazioni, e ancora inseguimenti, imboscate notturne, rapimenti, sparatorie e mascheramenti (una mezza dozzina quelli di Mabuse); i personaggi in grado di assurgere a un ruolo protagonistico sono non meno di sei, e tra loro si instaurano complicati rapporti di alleanza (Mabuse e il conte Told), antagonismo (Mabuse e von Wenk) o amore (Cherie Carozza e Mabuse), che moltiplicano quasi all'infinito le possibilità di sviluppo dell'intreccio. Il modello di riferimento più ovvio è il film avventuroso a episodi, alla Feuillade tanto per intenderci, con tutti gli stereotipi più deteriori e desueti del genere, nessuno escluso (l'eroe che si trova abbandonato in una barca in mezzo al mare o in una automobile senza controllo lanciata verso l'abisso, l'eroina che viene rapita e portata di peso nel covo dei banditi). In questo andamento da feuilleton, da romanzetto d'appendice, se non addirittura da fumetto, "Il dottor Mabuse" mi sembra, più di altre coeve opere di Lang, invecchiato abbastanza male. Inoltre, l'abnorme peso della trama lascia poco o nulla spazio a tutto ciò che non è mera organizzazione testuale delle immagini. Lo stile di Lang oscilla infatti tra rade seppur geniali intuizioni visive (sovrimpressioni, chiaroscuri violenti) e una sintassi abbastanza elementare e ripetitiva (predominano i totali e i campi lunghi, senza però che una adeguata cornice plastica e formale riesca a sollevarli, tranne in un paio di casi, da una concezione alquanto anodina dell'inquadratura), le psicologie rimangono in secondo piano (anche se, per contro, ciò permette di tenere a freno quella pericolosa propensione per il sentimentalismo e l'enfasi melodrammatica che è il segno distintivo della sceneggiatrice von Harbou) e lo stesso espressionismo in cui il film viene solitamente fatto rientrare è di fatto rintracciabile solo in un paio di scenografie (quelle del circolo Schramm e del palazzo del conte Told), oltre che in una generica e un po' ingenua inclinazione verso l'esoterismo (le sedute spiritiche, l'ipnotismo, i giochi di magia – già presenti, questi ultimi, in "Destino").
Nonostante questi innegabili difetti, "Il dottor Mabuse" è anche (arriviamo qui alla seconda delle considerazioni anticipate in apertura) un film dotato di un ottimo ritmo, che avvince e non fa pesare affatto la sua lunghezza. Il merito è soprattutto di un montaggio straordinario, che colpisce fin dalle prime immagini per la sua capacità di inserire alla perfezione i numerosi tasselli della storia gli uni sugli altri. Prendiamo ad esempio la movimentata sequenza iniziale, in cui diversi personaggi, situati in posti tra loro lontani, vengono collegati dal semplice particolare di un orologio indicante la medesima ora, con una fortissima impressione di simultaneità. Il montaggio alternato non è stato certo inventato da Lang, ma il regista tedesco lo usa con una maestria unica, superiore addirittura a quella dei film americani di Griffith. Molte altre sequenze vengono sviluppate parallelamente per accrescere il senso di suspense e la tensione narrativa, e il risultato finale è un decoupage di grande modernità.
"Il dottor Mabuse" merita di essere ricordato anche per alcune sequenze memorabili, oltre all'incipit già citato (la frenetica scena ambientata nella Borsa, la quale mette in risalto la predilezione di Lang per le scene di massa, lo scontro telepatico al tavolo da gioco tra Mabuse e von Wenk, entrambi mascherati, la danza della Carozza in un locale ambiguo, con grottesche maschere di cartapesta dai grossi nasi fallici, le folli allucinazioni di Mabuse prima della sua cattura, che sembrano anticipare – soprattutto nell'immagine della porta blindata che si anima – i terribili e post-moderni incubi cronenberghiani), per un paio di gustose notazioni umoristiche (il vecchio borghese infatuato che getta fiori in palcoscenico prendendoli, una volta esauriti i suoi, dai tavoli vicini, la grassa riccona che gioca col gigolo al seguito), per gli azzeccatissimi caratteri della depravata corte di Mabuse e, naturalmente, per il tema (espressionistico per eccellenza, ma gravido di influenze anche per il cinema del terrore degli anni a venire) della folle e megalomane volontà da parte di un individuo eccezionale di dominare il mondo e controllare la mente degli uomini, passando sopra a tutte le leggi sociali e sostituendosi allo stesso destino.