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BUONGIORNO, NOTTE regia di Marco Bellocchio

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Invia una mail all'autore del commento JSV     8 / 10  10/09/2003 18:01:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è un’opera didascalica, il film di Bellocchio.
Non viene raccontata la storia del rapimento Moro.
Non è stata girata alcuna scena della sparatoria. Nessuna dell’assassinio.
Non si è interessati al “come sono andate realmente le cose”…
Non si indaga sui presunti mandanti oscuri del rapimento.
Non ci si arrovella su quanti colpi ha sparato chi, quando e in che modo.

E’ un film sulla follia, sulla barbarie degli idealismi indecenti, quello di Bellocchio.
Volutamente distaccato dalla realtà, senza riferimenti (se non grossolani) al contesto ambientale in cui i fatti si svolgono, senza un’accurata analisi degli stati d’animo del popolo italiano.
Solo frammenti, solo impressioni neanche tanto dettagliate, dalle donnine tremendamente reazionarie sull’autobus alla solitaria stella nell’ascensore che illumina di speranzosa idiozia le menti offuscate dei sequestratori, inconsapevolmente soli.
Le uniche impressioni sono quelle (giustamente originali, per sottolinearne il contrasto) che offre la tv. Gli accorati (?) appelli del Papa o dei compagni di partito o quelle comicamente descritte nel pranzo all’aperto in cui, in dissonante contrasto, si giunge a intonare il sol dell’avvenire; o ancora le parole orribilmente condivisibili del giovane collega dell’ottima Sansa, che con la loro troppo apparente sensatezza e ragionevolezza contribuiscono a minare le solide (?) convinzioni della compagna, presunta rivoluzionaria.
E’ un film visto dagli occhi di una donna, e che si sofferma sulle pulsioni e gli stati d’animo controversi e inconsci della sua mente.
E’ un film che parla dei rapitori di Moro. Ma che potrebbe parlare, con appena qualche aggiustamento, di tanti altri criminali. Parla della loro cecità mentale, della assurda e incomprensibile religione che professano, dell’alienazione psicologica che subiscono.
Di impatto, provocatorio, e non banale il confronto fra ideologia terrorista fascista e ideologia terrorista comunista. Alla fine, senza però cadere nel tranello della banale generalizzazione, le “religioni” cambiano, ma i risultati son gli stessi.
E intanto i Pink Floyd (colonna sonora azzeccata e splendida) saturano le scene e gridano vendetta.
Pregevole e per certi versi illuminante l’accostamento che la sceneggiatura attribuisce a Moro fra Cristianesimo e comunismo. Anche il Cristianesimo aveva lottato, e ucciso, per imporsi. Ma le ultime crociate risalgono al 1270.
Stridente il contrasto fra le farneticazioni deliranti dei “giudici unilaterali e carnefici” e la serenità assolata e clemente del “Presidente”. Un contrasto che vale molto più di mille immagini sulla efferatezza e crudeltà dell’assassinio o dell’uccisione degli uomini della scorta.
Bellocchio mira al sodo e smuove le coscienze senza colpi bassi.
Fa parlare la parti in causa.
Ed è mille volte più incisivo