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EDMOND regia di Stuart Gordon

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Weltanschauung     9½ / 10  25/05/2012 14:37:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
*Presenza di Spoiler

La spaventosa parabola degenerativa di un uomo comune.
Una vita tranquilla, un matrimonio, un lavoro e un'infinità di repressioni ingestibili. Edmond, dopo una discussione futile con la moglie per una lampada rotta dalla domestica, decide di abbandonare tutto e tutti, fugge dal suo nido sicuro per proiettarsi nelle tetre strade di Los Angeles iniziando così la sua discesa negli inferi.
Lo attenderà in notturna una città sporca alla "Taxi driver", colma degli animali più strani: prostitute, magnacci, delinquenti e truffatori saranno sempre in agguato nei vicoli più silenziosi e bui.
Stordito dai neon della metropoli, Edmond a poco a poco scomporrà la sua identità liberandosi della coscienza morale e civile.
Ciò che ne rimarrà sarà un uomo in preda ad impulsi incontrollabili che lo porteranno ad un percorso di redenzione atipico..

Stuart Gordon, guidato dallo spirito indagatore di Mamet, qui autore di testi e sceneggiatura, nel 2006 firmò il film della sua definitiva maturazione artistica.
L'impeccabile sceneggiatura di Mamet entrò in simbiosi con una draconiana struttura drammaturgica e con una cinerea fotografia a cura di Denis Maloney.

Passato in sordina e preso poco sul serio dalla critica, che riuscì a scambiare quest'opera per la solita fiera di ferocia autocompiaciuta, Edmond è in realtà uno straordinario noir dalle tinte fosche e dal sapore grottesco.
Potremmo definirlo un "Fuori orario" Scorsesiano più dissennato o un "Driller Killer" più metafisico.
Il protagonista è brillantemente interpretato da un William H. Macy in stato di grazia, fenomenale nel rendere il suo personaggio caustico e corrosivo.
Macy, prestando corpo e anima a quest'opera, ebbe finalmente la possibilità di staccarsi di dosso l'etichetta di buffo attore Coeniano per esprimere tutto il suo talento.

La coppia inedita Gordon-Mamet punta per gran parte del film su dialoghi cinici ed atmosfere disordinate, giocando molto sulla psicologia latente ed instabile dei suoi personaggi. La narrazione è tesa ed ai limiti del tragicomico, sostenuta da una delicata colonna sonora di Bobby Johnston.

Lo spettatore viene letteralmente scaraventato assieme al protagonista in mezzo alle infami strade di Los Angeles in un viaggio infausto e atipico.
Il crescendo di follia però non sfocia nel dramma, bensì in un finale a sopresa nel momento in cui il protagonista raggiungerà il suo bizzarro 'equilibrio'...

Edmond è una sorta di trattato filosofico socialmente purificatorio con un finale, a mio avviso, tra i più geniali della storia del cinema.
Le sensazioni che ho provato nell'osservare l'ultima sequenza sono state favolose, su quel non-dialogo col compagno nero di cella, con abbraccio finale, ci potrei scrivere un trattato filosofico dalle molteplici tematiche.
Ma si andrebbe troppo oltre, in realtà Edmond vola molto più basso a livello cosciente, ma va parecchio in alto nel depensamento inconsapevole di Gordon.
Ed è proprio qui che Edmond esprime caoticamente il collage di sensazioni che fotografano il film.
Nel calderone Gordoniano/Mamettiano troviamo così la liberazione da tutte le castrazioni mentali dell'uomo moderno, la perdita di ogni finto equilibrio, l'irrequietezza di distruggere il sociale, la repressione degli impulsi profondi, la paura bloccante verso irrefrenabili desideri, l'omosessualità repressa perché temuta, la ricerca dell'amore e della verità, la morte della psicologia, lo svuotamento di ogni significato, la frantumazione dell'abitudine che annebbia, l'affrancamento dal lavoro che annienta, la destrutturazione di un uomo, il tentativo di comprensione fuori dagli schemi che trova indifferenza da parte del prossimo, lo squilibrio perenne, la decomposizione della ragione, la morte della dialettica, la disarticolazione dei sentimenti , la degenerazione di ogni pensiero strutturato, la violenza antiestetica che non si compiace e lo smarrimento di una qualsiasi autenticità emotiva.

Edmond è un viaggio onirico e surreale, una claustrofobica vertigine, ma soprattutto un disorganico cataclisma di una emotività inespressa.