Harpo 9½ / 10 07/12/2006 01:02:02 » Rispondi Una splendida fiaba. Queste tre parole sarebbero più che sufficienti a descrivere "Il labirinto del Fauno", ma per grande sfortuna dei lettori cercherò di analizzare la pellicola di del Toro in modo più analitico.
Essendo una fiaba, "Il labirinto del Fauno" presenta tutte le peculiarità della stessa: una protagonista, reale incarnazione del Bene Assoluto e verosimilmente identificabile come l'eroina della vicenda. Un antagonista (il capitano) che, al contrario, assomiglia molto ad un orco malvagio ed è diretta emanazione del Male. Ovviamente, come in una qualsiasi fiaba da rispettarsi, sono presenti svariati caratteristi utili a integrare la storia (il Fauno, la madre, Mercedes, …). Il piccolo fratello di Ofelia è ovviamente il protagonista maschile [buono] della vicenda, nonché il filo-conduttore della vicenda. Ma quello che più conta in una favola, l’ingrediente che è necessario per rendere una fiaba unica, è l'ambientazione in cui si svolgono i fatti. Il teatro della vicenda è inusuale, ma non per questo inadatto. Infatti la storia è ambientata in Spagna, subito dopo la guerra civile. E a ben pensarci, del Toro non poteva trovare posto migliore per raccontarci la sua storia. Del resto, l'ambientazione di una fiaba deve essere tetra e minacciosa; fortunatamente il piccolo centro rurale della Spagna del Nord riesce ad essere sia tenebroso, che minaccioso. In effetti il bosco di Biancaneve era un luogo tutt'altro che raccomandabile. Però, in ogni fiaba, all'interno di questi posti sono rintracciabili dei "nidi", in cui i protagonisti sono al sicuro (in "Biancaneve", per esempio, questo rifugio è identificabile nella capanna dei sette nani). In "Il labirinto del Fauno", il nido è piuttosto arduo da scoprire, anche se poi si può arrivare alle conclusioni che questi sia la straordinaria fantasia della bambina. In un mondo distrutto da ogni genere di violenze e grondante di sangue innocente, l'unico posto in cui la nostra eroina può vivere "tranquilla" è rintracciabile nella purezza della sua mente. Ma pure nella limpidezza dei suoi pensieri, sono ravvisabili degli echi della brutalità del mondo malvagio. Gli orrori della guerra, che noi riusciamo solo a intravedere, sono in realtà presenti anche nelle proiezioni della bambina, costretta a strisciare a ventre basso nel fango (proprio come in una trincea) e nella visione di un orripilante mostro che divora due povere fate.
La narrazione è quantomai semplice e lineare e non propone nessuna difficoltà di interpretazione. Chi scrive, solitamente, deve vedere i film più volte perchè spesso e volentieri perde il filo (su sta pensando, per esempio, a film come "Il grande sonno"). Qua, invece, non esiste alcun problema e a meno che non ci si metta a soffiare pop-corn addosso alla gente il film è assolutamente comprensibile e chiaro. Molto azzeccati, in particolar modo, un paio di montaggi alternati in grado di coinvolgere attivamente lo spettatore. L'impostazione filmica è decisamente interessante, e il ritmo aumenta sempre in modo costante (e mai spropositato). Il finale, poi, è quasi una climax in grado di suscitare grandissimi emozioni.
Chi ammette che le caratterizzazioni dei personaggi sono frettolosa e piene di clichè, deve capire una cosa molto semplice: questa è una fiaba e di conseguenza sono contemplate solo due "schiere di protagonisti", che sarebbero poi i "buoni" e i "cattivi". In una favola, l’ambiguità non esiste: Cenerentola e il Principe Azzurro sono i buoni, la matrigna e le sorellastre le cattive. Chi si ritiene troppo adulto per vedere delle (splendide) fiabe, si può pure astenere dalla visione in quanto non farebbe altro che ritenere (erroneamente) "Il labirinto del Fauno" un'opera mediocre.
Da segnalare che la regia di Guillermo del Toro è davvero splendida. Dopo lavori accettabili come "Blade II" ed "Hellboy" che facevano certo emergere il suo talento visivo, ma che comunque non apparivano "completi", egli si cimenta in un film fortemente atipico che riesce a consacrarlo come direttore davvero valido. Guillermo inserisce anche qualche piano sequenza piuttosto interessante, dando così sfoggio anche della sua buona tecnica. E' un parere puramente personale, ma sembra quasi che "El labirinto del Fauno" sia un punto di incontro tra il cinema di Ken Loach (in particolare, "Terra e libertà") e lo stile di Burton. In effetti è augurabile che il regista messicano si discosti dai blockbuster americani, impegnandosi a fondo nella realizzazione di autentici capolavori come "Il labirinto del Fauno", così che si possa fieramente ammettere che esistono ancora bravi registi giovani.
Le interpretazioni degli attori sono assolutamente convincenti e di gran lunga migliori rispetto a quelle di tanti attori hollywoodiani strapagati solo per indossare un giacca o sponsorizzare una bevanda. In particolare la bambina è davvero un'enfante prodige, scalzando tanti sue coetanee ben più famose.
Veramente un bel film, probabilmente il migliore dell'anno.
Pasionaria 07/12/2006 14:56:45 » Rispondi Condivido il giudizio di splendida, ma non di fiaba, perchè non solo di fiaba si tratta, la definerei una splendida metafora. Proprio l'ambientazione non può renderla unicamente una fiaba: il tempo e lo spazio non sono indefiniti come in ogni fiaba che si rispetti, al contrario si riferiscono ad una realtà storica ben ben tangibile. Esiste una doppia dimensione che scorre in sincronia con una simbiosi perfetta., attraverso la quale la realtà emerge cruda e violenta senza speranza, sconfitta tuttavia da quel mondo fantastico che solo i bambini sanno creare, dove invece il lieto fine è ancora possibile.
Harpo 08/12/2006 14:09:04 » Rispondi sì, credo che tu possa avere ragione. Però, nonostante tutto, continuo a ritenere "Il labirinto del fauno" una fiaba, seppur molto atipica.