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THE DREAMERS - I SOGNATORI regia di Bernardo Bertolucci

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kafka62     7 / 10  28/02/2018 10:16:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In "The dreamers" Bertolucci propone una visione del '68 molto poco convenzionale e sui generis: le manifestazioni di piazza, gli scontri con la polizia, le barricate per le strade, con i quali il '68 viene generalmente identificato nell'immaginario collettivo, fanno capolino infatti solo nelle ultime inquadrature, mentre nel resto del film i tre protagonisti fanno la loro rivoluzione del tutto privatamente, tra le mura domestiche di un appartamento medio-borghese. La dialettica tra pubblico e privato, tra sociale e individuale, è forse, dal punto di vista tematico, l'aspetto più importante di "The dreamers", perché se con gli anni il movimento che pretendeva di trasformare il mondo ha dimostrato tutto il suo velleitarismo, è nel campo dei sentimenti, dell'immaginazione e dell'arte che esso, a parere di Bertolucci, ha sortito gli esiti più duraturi. C'è molta nostalgia in questa pellicola, al punto che, pur riconoscendosi maggiormente nelle posizioni artistico-ideologiche del giovane americano, il regista sceglie del '68 una versione sostanzialmente affettuosa e acritica, avvolgendo i tre personaggi in un'atmosfera languida e sensuale e osservandoli con uno sguardo estatico e partecipe che lascia fuori della porta, oltre agli adulti, anche ogni considerazione moralistica. Nella rappresentazione di un rapporto a tre libero da ogni remora etica e sessuale il regista non vuole tanto provocare gratuitamente lo spettatore quanto raccontare una iniziazione emblematica, in cui il sesso, il cinema, la musica (e in misura inferiore l'alcool e la droga) sono gli strumenti deputati ad ampliare le percezioni e allargare le dimensioni dell'esistenza. In questo, "The dreamers" è dichiaratamente utopistico e a volte lo iato tra innocenza e perversione, tra purezza e morbosità, tra poesia e prosaicità, finisce per essere disturbante, anche perché qui (a differenza che in "Ultimo tango a Parigi") manca un nucleo drammatico che coaguli la storia e giustifichi il tentativo di suicidio di Isabelle (al di là del suo chimerico e irrealizzabile desiderio di fermare il tempo, di far sì che il presente possa durare per sempre). Il sasso che rompe il vetro della finestra della stanza da letto ("la strada che entra nella stanza") riporta i protagonisti alla realtà, facendoli letteralmente svegliare dal loro narcisistico letargo. Le inquietanti immagini finali (con cui Bertolucci, bisogna dirlo, prende le distanze dalla violenza anti-sistema, forse memore degli eccessi e delle devastazioni del G-8 genovese) non mutano però i parametri estetici su cui giudicare il film, il quale nel piccolo spazio di un appartamento raggiunge esiti di estenuata bellezza e raffinatezza. Bertolucci (come già dimostrato in "Io ballo da sola") è forse il regista più bravo al mondo a filmare in spazi ristretti, forse perché più di altri ha introiettato le esperienze stilistiche della nouvelle vague ("Fino all'ultimo respiro" non aveva forse una lunghissima sequenza ambientata in una stanza di pochi metri quadrati?), i cui film, assieme a tanti altri capolavori (da "Il corridoio della paura" a "La regina Cristina", da "Freaks" a "Scarface", da "Venere bionda" a "Mouchette"), ritmano e contrappuntano "The dreamers", rendendolo così un affettuoso omaggio cinefilico alla settima arte.