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CATERINA VA IN CITTA' regia di Paolo Virzì

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pier91     7½ / 10  30/09/2012 05:15:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Visto la prima volta pressappoco alla goffa età della protagonista. Nel frattempo se n'è andato il rossore nel rivedersi, o quasi, sullo schermo. Man mano la vergogna per quel che si è stati si placa, assume negli anni le sembianze di una particolare tenerezza, appunto il sentimento che ho provato rincontrando Caterina dopo tanto tempo. Raccontare la pubertà è estremamente difficile, perché è una fase dell'esistenza che celebra più di tutti uno stato d'animo: l'imbarazzo. Che è poi se vogliamo proprio l'imbarazzo della scelta. Prima di arrivare a dire "E'così che mi voglio vestire", "E' così che la penso riguardo a ...", "Mi piace dedicarmi a questo" devono passare molte stagioni. Non c'è nessuna epifania che ti traghetta dall' inconsapevolezza alla consapevolezza (fortunato tra l'altro chi ci arriva). Si impara sbagliando, dunque si cresce collezionando innumerevoli figure di mer.da. Per una ragazzina, sia concesso, è probabilmente anche più arduo. Le amicizie femminili si trascinano dietro una cattiva fama piuttosto meritata. Sballottata a destra e a manca, fra due fazioni ugualmente omologate e attraenti, Caterina capisce che i suoi dubbi, le sue contraddizioni, le sue incoerenze relazionali sono il segno di una fragilità tutt'altro che sterile. Caterina è dotata di un radar che le sue compagne non possiedono.
Virzì si è impastato le mani con i luoghi comuni sull'adolescenza ed è riuscito a trarne un ritratto giovanile autentico. E' riuscito, anche, a pennellare una figura paterna fra le più commoventi che il cinema italiano possa vantare. Le lacrime di un padre hanno qualcosa di scandaloso che non si dimentica. Ecco, la prima adolescenza è memorabile anche per alcuni momenti di vita familiare, quelli in cui un genitore ti prende la mano, ti fa sedere sulle sue ginocchia, ma invece di leggerti una fiaba ti parla delle Cose Importanti. Del denaro che c'è e non c'è, delle persone che sono tutte cattive, dell'importanza di diventare "qualcuno".