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NON VOGLIO MORIRE regia di Robert Wise

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JOKER1926     7½ / 10  10/07/2012 00:04:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La densità e il cinismo che proietta nel 1958 Robert Wise con "Non voglio morire", titolo quanto mai eloquente, è un qualcosa di chiaro che non può non annientare l'anima dello spettatore in cerca, fino all'ultimo, di un finale roseo, o perlomeno, meno struggente.
Queste ultime, in effetti, non sono altro che divagazioni mentali che si pone, giocoforza, lo spettatore mentre visiona questo gigantesco melodramma.

"Non voglio morire" mette in mostra le dinamiche di una donna, interpretata nell'occasione da un'esplosiva Susan Hayward, soggiogata da uomini di basso profilo e soprattutto da un destino crudele e maledettamente indifferente nella su proiezione pratica.
Il regista Wise formula una storia tremenda, asciutta e lineare. Ma lo splendore, oltre la trama, si consuma in una sceneggiatura fenomenale, di grande caratura. Infatti saranno alcuni specifici personaggi ad offrire quella maggiore enfasi e sofferenza all'apparato contenutistico del film.
Il figlio di della carcerata, il prete, l'infermiera Barbara sono icone pressoché fondamentali e rendono il tutto maggiormente amaro. Poi ci sono delle sequenze davvero incredibili, ma è inutile, e pure impossibile, elencare tutte le scene grandiosi del film, la lista sarebbe troppo lunga da stilare.
Però, l'ultima parte del film, trasmette un qualcosa di pesante e risulta essere la parte più bella del film. La palpitazione diviene incommensurabile, la regia ,brillante e allo stesso tempo sdegnosa, mette in scena pure il sadico "gioco" del telefono, ulteriore batosta per lo spettatore. Ma questo è Cinema al massimo della potenzialità espressive.
"Non voglio morire" rimane incancellabile a fine visione. La prova di Susan Hayward è enorme, l'attrice offre una passione e una testardaggine unica, praticamente memorabile.
Wise sigilla un Capolavoro del genere, perché alla fine, "Non voglio morire" ha tutte le peculiarità per essere indirizzato nella cerchia dei film carcerari, qui la tensione non molla, nemmeno per un minuto, lo spettatore.
Barbara, l'istrionica protagonista, è in un vortice convergente verso un incubo, verso la morte. Le situazioni si svolgono in un grigiore e in una miseria di animo elevate (vedere l'uomo di Barbara in tribunale), in senso negativo. La speranza è quel jolly evanescente che accompagna chi, per l'appunto, non vuole morire.

La valutazione, a questo punto, non può far altro che salire verso l'alto, definitivamente. La denuncia sulla pena di morte appare eclatante, le ultime scene del film sono da spasimo.