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IL GRANDE RACKET regia di Enzo G. Castellari

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oh dae-soo     9 / 10  07/08/2011 22:53:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo l'ottimo, quasi perfetto (mannaggia a quel finale...) L'Ultimo treno della notte e il personalmente deludente L'ultima casa a sinistra di Wes Craven, prosegue la breve (?) capatina nel pazzo, sporco e violentissimo mondo del cinema di genere anni 70. Non essendo nè un amante nè un conoscitore di tale mondo proseguo la navigazione facendomi indicare le rotte più importanti da veri lupi di mare di questa parte dell'Oceano cinematografico.
Il Grande Racket di Enzo Castellari, il regista de "Quel maledetto treno blindato", il film ispiratore degli Ingloriuos Basterds tarantiniani che, ahimè, a sua volta hanno spinto Castellari a tornare dietro la macchina da presa (a 15 anni dall'ultimo film) con l'ignobile Caribbean Basterds, mi era stato dipinto come una delle massime vette che il cinema di genere italiano, in particolar modo il poliziesco, avesse mai raggiunto.
Niente di più vero.
Se c'è una cosa che non sopporto nel cinema sono:

A le storie d'amore (quelle banali e lacrimevoli)
B gli spari, le pallottole (se parte una sparatoria mando avanti veloce, una noia terribile)
C le s*****ttate (per non parlare delle arti marziali, vade retro!)
D le automobili (inseguimenti, scene d'azione, gare etc...)

Ne Il Grande Racket i punti B,C e D coprono praticamente il 75% dell'intera durata ma è tale la bellezza del film da avermi fatto completamente dimenticare i miei "dettami", soprattutto perchè è così forte il realismo delle vicende da rendere maledettamente vere e funzionali tutte quelle scene che nella maggior parte delle pellicole sarebbero soltanto inserti spettacolari fini a se stessi.
La storia, apparentemente semplice e lineare, è in realtà fitta di trame e sottotrame. A Roma una banda di estorsori è il terrore dei commercianti, costretti a pagare il "pizzo" per non vedersi distruggere il negozio o, ancor peggio, colpire negli affetti familiari. L' ispettore Nico Palmieri è fermamente intenzionato a porre fine al fenomeno, tanto che quando i suoi colleghi e le autorità decideranno di lasciar perdere, destituendolo addirittura dall'incarico, creerà ad hoc una squadra di "vendicatori" pronti a morire pur di fermare i delinquenti.
Il Grande Racket è un film violentissimo perchè porta tutte le vicende che racconta alle loro estreme conseguenze. Non c'è salvezza nè redenzione nè perdono. Tutti i personaggi coinvolti precipitano in una spirale di violenza dalla quale è impossibile uscire ed il finale non è che la triste conferma di tutto ciò.
Un padre che perde la propria figlia, suicida dopo una terribile violenza subita; un marito che vede la propria moglie essere stuprata e uccisa davanti ai suoi occhi, ragazzi linciati per strada, sparatorie-massacri come se piovesse, non c'è davvero un limite che non si oltrepassi. In particolare i due stupri, ripresi in maniera completamente diversa- campo lungo il primo, un concitatissimo camera a mano ravvicinata il secondo- sono davvero incredibilmente realistici e umanamente devastanti. Merito anche delle grandi, grandissime interpretazioni di tutti gli attori, tutti perfetti, dai quattro pazzi delinquenti (straordinaria la ragazza) al protagonista Fabio Testi; dalla ragazzina figlia del ristoratore fino ad arrivare a tutti i componenti della squadra di "vendicatori" organizzata dall'ispettore.
La regia, tutt'altro che classica, si districa alla grande tra ralenti e scene d'azione perfette, tra inquadrature dall'alto e serrati corpo a corpo. Assolutamente pazzesca la scena dell' auto ribaltata, superiore a qualsiasi effetto visivo degi anni 2000.
Di pari livello la sceneggiatura, fitta come detto di piccole vicende che poi collimeranno perfettamente nella giustizia privata organizzata da Palmieri. Dialoghi mai banali capaci di oscillare dal comico al tragico, da quelli di routine ad altri molto impegnati, anche politicamente. Fulcro di tutto è il personaggio dell'ispettore, forse un tantino esagerato nel voler a tutti i costi, con metodi non convenzionali e contrari al suo ruolo, riuscire a chiudere il racket. Paradossalmente è tanto integerrimo e coerente nelle proprie idee quanto non lo è nel proprio ruolo. In realtà è ogni singolo personaggio a racchiudere in sè un fortissimo dramma, aleggia sulla testa di ognuno un'aura fosca, esiziale. Castellari riesce benissimo a farci presagire ciò che verrà, l'atmosfera è densa, pregna della tragedia finale e definitiva.
Forse si potrebbe imputare a Castellari e al suo film un eccessivo autocompiacimento alla violenza ma non c'è nulla in quello che Il Grande Racket racconta che non si possa collegare alla purtroppo tristissima realtà.