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IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI regia di Jonathan Demme

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amterme63     9 / 10  09/10/2011 18:57:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Niente da dire, un film quasi perfetto. Splendido soprattutto per come riesce a coinvolgere nella storia, a impossessarsi dell'emotività dello spettatore e a fargli vivere una tensione continua, intensa, spasmodica. Le tematiche trattate, all'epoca piuttosto estreme e truci per un pubblico mainstream, turbano e lasciano il segno, generando angoscia ma anche curiosità, voglia di conoscere e approfondire.
C'è poi la parte che va al di là delle "intenzioni" del film, che vede il sorgere dell'interesse (non ancora morboso) per l'estremo e per l'insolito umano e soprattutto vede una divisione etica all'interno dei personaggi e della storia, non più basata su quello che uno fa ma su come uno lo fa. Che l'attività che svolge i(l) proganista/i sia una cosa legale o illegale, solidale o distruttiva, sentimentale o atroce, questa differenza tende a smorzarsi a favore della forza caratteriale del protagonista. In altre parole si tende ad ammirare chi è imperioso, chi domina soprattutto a livello psicologico, oppure chi è intelligente, acuto, che non si lascia imprigionare dalle convenzioni, non si lascia intimorire dall'ostacolo e va direttamente all'obiettivo senza perdersi in vizi o distrazioni.
L'effetto intensità e coinvolgimento totale è ottenuto attraverso una tecnica filmica accurata e molto efficace, basata soprattutto sul metodo della rigorosa ripresa in soggettiva. Tutto il film in pratica è basato su inquadrature che riproducono espressamente e in maniera riconoscibile ciò che il protagonista della scena sta in quel momento guardando, inframezzate da inquadrature in cui osserviamo l'atto di guardare. Molto bella e significativa a proposito la scena del jogging su cui scorrono i titoli di testa. Carrelli e steady cam in pratica la fanno da padrone in tante parti del film. La vista "soggettiva" non è riprodotta però mai in maniera casuale o asettica, ma è sempre caricata di emotività. La scena stessa del jogging, per come è ripresa, per l'ambientazione invernale e grigia, per il sonoro e per la musica, si carica di una sottile tensione e aspettativa di qualcosa di "brutto".
Tutte le riprese sono quindi concentrate sul risvolto emotivo della vista oggettiva. Emblematici a proposito sono i tanti primi piani su Hannibal e su Clarice, i quali riproducono la sensazione che ha in quel momento chi sta guardando (fascinazione per l'imperio e la forza intellettiva da parte di Clarice per Hannibal, attrazione per la genuinità emotiva, l'anticonvenzionalità, la forza d'animo e d'intenti di Hannibal verso Clarice).
Da questo punto di vista bisogna dire che Jodie Foster e Anthony Hopkins hanno fatto sui personaggi un lavoro incredibile, molto molto efficace ed espressivo, pur restando estremamente naturali. Entrambi dimostrano di essere dei grandissimi attori.
Molta importanza ce l'ha anche il montaggio, il quale crea spesso sorpresa o "verifica" ciò che viene affermato. Anche questo è un punto forte del film.
Quest'opera nella storia del cinema segna l'entrata nella tipologia "mainstream" della perversione umana estrema come tema di interesse, superando un tabù secolare. Anche qui Demme è molto abile nell'introdurre piano piano il truce, l'orribile come oggetto non solo suggerito, ma anche mostrato. Il primo approccio è volutamente "tradizionale", cioè si suggerisce l'abominevole, non lo si mostra. Poi quando lo spettatore si è "abituato" all'idea dell'orribile, se lo è figurato nell'immaginazione, finalmente viene in parte, in certi particolari, mostrato, saziando così la curiosità che si era volutamente creata. Piano, piano quindi si introduce l'idea che la curiosità, la voglia di vedere qualcosa di insolito o mai visto prima sia più forte, più importante della repulsione, del rifiuto e della pietà verso l'oggetto su cui si è crudelmente infierito.
Il film poi ha una grossa ambiguità di fondo. In effetti finisce in maniera paradossale. Per tutto il film viene sentita come un'esigenza urgente, estrema, quella di fermare un pericolosissimo e perverso serial killer e come da classico copione il finale soddisfa questa esigenza etica e in qualche maniera si trasmette l'idea di ristabilimento dell'ordine. Non si tiene però presente che per un assassino catturato se ne lascia un altro libero, forse ancora più pericoloso e più perverso. Eppure allo spettatore si fa provare quasi una specie di soddisfazione nel vedere Hannibal Lecter libero e "operativo".
Ma allora i serial killer non sono tutti uguali? Evidentemente in questo film, no. Esistono i serial killer di serie A e quelli di serie B; stessa distinzione anche nelle forze dell'ordine. Hannibal appartiene alla buona borghesia, è di bell'aspetto, di eleganti maniere, è intelligentissimo, profondo, addirittura artista. Le sue prede sono ex pazienti rammolliti che non meritavano altro, oppure personaggi antipatici, convenzionali o insignificanti (come i due poliziotti). In lui poi ammiriamo il carisma, il senso di superiorità sugli altri, l'autocontrollo, la furbizia, il suo fare a meno dell'impulso sessuale. Viene quasi tratteggiato come un superuomo. Lui quindi "può" derogare alle regole comuni, può infrangere qualsiasi tabù, si può "permettere" quello che sta facendo.
Buffalo Bill invece appare come un rifiuto della società, un pervertito sessuale, viene tratteggiato come un essere spregevole, poi osa catturare fanciulle della "middle class" o addirittura la figlia di un senatore. Si merita quindi la fine che ha fatto.
Anche nella polizia si fa distinzione fra chi è convenzionale, preda degli istinti sessuale e chi invece riesce ad essere al di sopra di tutto. Una delle "virtù" di Clarice è quella di essere in pratica asessuata, di saper tener testa a tutte le immancabili avances dei suoi (********) colleghi maschi. Tutta la sua libido è sublimata nell'operare per salvare la vita degli altri, a costo di subire il fascino di chi invece la vita la vorrebbe distruggere.
Gran bel personaggio che è Clarice, così umana, così debole e forte allo stesso tempo. Non mi dimenticherò mai la scena finale in soggettiva di Buffalo Bill, in cui Clarice trema, ansima, ha paura, eppure rimane decisissima e pronta ad andare fino in fondo. Quella scena è stata una delle scene più tese e mozzafiato che abbia mai visto, superata solo dal finale di Shining.
frine  19/12/2012 03:05:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ottimo commento
amterme63  19/12/2012 23:29:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie